Qualitą e doti

 

Le sue numerose incombenze, a livello di Ordine religioso, i tanti anni di insegnamento in vari Atenei pontifici romani, le relazioni e le comunicazioni tenute in tanti Congressi, l’organizzazione di Convegni l’hanno messo a contatto con il mondo culturale e religioso di Roma, con la Santa Sede e le varie Congregazioni e il Vicariato di Roma. Fu sempre convinto (e la storia oggi gliene dà atto) che un Ordine religioso tanto... vale quanto vale a Roma.

 

Avendo partecipato al Concilio Vaticano II, come perito e come padre conciliare, ha preso contatto con numerosissimi Prelati, che ne hanno conosciuto e apprezzato le doti, la preparazione culturale come teologo e patrologo di sicura scienza.

Possedeva doni naturali veramente singolari: intelligenza acuta e chiarificatrice, limpidezza di pensiero, memoria di una tenacia e di una precisione incomparabile, amore per la verità - qualità fondamentali di cui era ricco -, passione per lo studio, applicazione e resistenza al lavoro e il metodo pratico ed efficace nel compierlo, fantasia, vena di scrittore. Capace e preparato per scrivere come pochi, con chiarezza, essenzialità e profondità: « Per quel poco che scrivo, cerco di regolarmi secondo un principio che mi pare di A. Manzoni: essere senza pietà con i manoscritti e chiedere grande pietà con gli stampati ».

Non sapeva che cosa fosse perder tempo, difficilmente lo trovavi senza la penna in mano; qualunque foglio di carta, bigliettino, rovescio di una busta da lettere gli era utile per appuntare una frase, per rifarla, aggiustarla, riprenderla più tardi e riscriverla precisa a memoria senza più doverla modificare...

Alla sera lo lasciavamo in stanza dopo aver parlato a lungo delle opere di sant’Agostino, dei progetti, degli autori ed egli allora si rimetteva a studiare, a scrivere e faceva le ore piccole, le più prolifiche perché le meno disturbate...

Conosceva profondamente i capolavori dei classici; citava spessissimo a memoria i suoi preferiti: Virgilio, Dante, Leopardi, Manzoni, anche Trilussa.

L’impegno nel dover seguire le varie pubblicazioni, la preparazione della scuola di ogni giorno e le richieste continue di interventi lo obbligavano sempre a fare schemi, abbozzi di discorsi. Mai faceva comunicazioni senza qualcosa di scritto sotto gli occhi, che teneva in vista per qualche attimo, per poi continuare a memoria o seguendo un filo che tesseva lì per lì.

Un carattere nobile, generoso e forte. Un desiderio profondo dell’amicizia. Con gli amici usava forti espressioni di affetto disinteressato; con la capacità dialogica straordinaria ci trasmetteva e appassionava non per il gusto delle pure nozioni, ma per l’amore della verità.

Uno spirito sensibile, addirittura vulnerabile davanti a situazioni emozionanti: troppo sensibile ed amico per non accorrere in caso di bisogno.

Ci aiutava a meditare sul profondo bisogno di Dio come termine della nostra tensione e del nostro riposo, su l’amore come propulsore del metodo ascetico: insisteva sull’amore come pondus, su l’amore come centro e misura della perfezione: non dalla periferia al centro ma dal centro alla periferia.

Era come impregnato di una sana e profonda serietà, che era solo bontà, fermezza e insieme letizia di bambino. Era grande ed umile insieme, in una splendida armonia. Quello che in lui emergeva era l’amore.

Una sincera umiltà che non teme di riconoscere i propri errori:

 

Dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia: noi siamo dei condannati graziati, dei pericolanti salvati, dei carcerati liberati, dei ciechi illuminati, degli ammalati guariti. Non possiamo amar poco. Ci è stato tutto rimesso, anche i peccati che non abbiamo commesso.

 

   

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