Note: A proposito di predestinazione - p. Agostino Trapè - Pubblicato in Divinitas 2 (1963), pp. 243-284.

 

1 Epistola "Apostolici verba praecepti" di S. Celestino I ai vescovi delle Gallie. Questo elogio di S. Celestino e quelli, non meno solenni, dei successori sono stati confermati da Pio XI nell'Enciclica "Ad salutem", AAS, 22 (1930), p. 202. Cf. S. Agostino, in Bibliotheca Sanctorum, I, cc. 592-594.

2 Ci riferiamo prevalentemente a C. De Plinval, Pelage, ses écrits, sa vie et sa réforme, Lausanne 1943; J. Ferguson, Pelagius, Cambridge 1956; T. Bohlin, Die Theologie des Pelagius und ihre Genesis, Uppsala 1957; S. Prete, Pelagio e il pelagianesimo, Brescia 1961; dei quali ci occupiamo altrove. Cf. Augustinianum, 1963. Già il Turmel era insorto in difesa di Pelagio contro S. Agostino nella sua Histoire des dogmes, V, Paris 1936, pp. 28 e 95.

3 J. Guitton, Actualité de saint Augustin, Paris 1955, p. 137.

4 Anna Ascher Di Stefano, Il Manicheismo in S. Agostino, Padova 1960, p. 114.

5 - J. GROSS, Das Wesen der Erbsünde nach Augustin, in Augustinus Magister, II, Paris 1954, pp. 773-787. La stessa opinione è stata ripresa, purtroppo, da S. PRETE, o.c., pp. 138-141.

6 - C. TERZI, Il problena del male nella polemica antimanichea di S. Agostino, Udine 1937, p. 87.

7 - C. duas epp. Pel. III, 3, 4-5.

8 - Ibid. I, 2, 5.

9 - C. Iul. IV, 8, 47.

10 - C. duas epp. Pel. II, 2, 2-4.

11 - ODILO ROTTMANNER, Der Augustinismus. Eine dogmengeschichtliche Studie, München 1892.

12 - O. ROTTMANNER, Geistesfrüchte aus der Klosterzelle, München 1908, pp. 11-32.

13 - L'augustinisme, Etude d'histoire doctrinale, in Mélanges de Sciences Religieuses, Lille 1949, pp. 29-48.

14 - Cf. v.g. E. PORTALIÉ, Augustin (Saint) in Dict. de Théol. cath., I, 2398-2408; CH. BOYER, Essais sur la doctrine de saint Angustin, Paris 1932, pp. 206-236; F. CAYRÉ, La prédestination dans S. Augustin, in L'Année théol., I (1941), pp 42-63.

15 - P. D'ALÈS, Prédestination, in Dict. apologétique, Paris 1925-28, V, cc. 3362-63; A. M. JACQUIN, La prédestination d'après Saint Augustin, in Miscellanea Agostiniana, Roma 1930-31, II, pp. 853-858; J. SAINT-MARTIN, Dict. théol. cath., XII, pp. 2832-2896; A. MICHEL, Dict. de théol. cath., XV, pp. 3362-63; V. CARBONE, Enciclopedia catt., XII, 1607; L. CIAPPI, La predestinazione, Roma 1954; pp. 104-112; R. GARRIGOU-LAGRANGE, L'équilibre supérieur de la pensée de saint Augustin dans les questions de la grace, in Augustinus Magister, II, pp. 763-71; J. RIVIÈRE, Bibliothéque Augustinienne, Oeuvres de Saint Augustin, IX, 410.

16 - KARL KOLB, Menschliche Freiheit und göttliches Vorherwissen nach Augustin, Freiburg 1908.

17 - ENGELBERT KREBS, St. Augustin-der Mensch und Kirchenlehrer, Köln 1930.

18 - HEINRICH BARTH, Die Freiheit der Entscheidung im Denken Augustins, Basel 1935.

19 - E. R. VON KIENITZ, Augustinus Genius des Abendlandes, Wuppertal 1947. Quest'autore afferma esplicitamente che la Chiesa ha sconfessato su questo punto il suo Dottore della grazia, p. 303: "Augustinus hat an der Lehre vom particularen Heilswillen festgehalten, obwohl er bei dem Apostel las: Deus omnes homines salvos esse vult... Die Kirche hat den Doctor gratiae in diesem Punkte desavouiert".

20 - M. PONTET, L'exégèse de S. Augustin prédicateur, Paris, s.d., pp. 479-514.

21 - J. CHÉNÉ, Les origines de la controverse semi-pélagienne, in L'Année théologique, 1953, pp. 56-109.

22 - K. RAHNER, Heilswille Gottes, in Lexikon für Theologie und Kirche, 2 Aufl., V, 166: " Der späte Augustinus (mindestens seit 418) kennt in der theologische Theorie für die massa damnata der Erbsünde keinem allgemeinen Heilswille Gottes mehr ". Anche B. ALTANER, Patrologie5, 405.

23 - F. MORIONES, Enchiridion theologicum S. Augustini, Matriti 1961, p. 481. Il GRABOWSKI, The Church. An introduction to the Theology of St. Augustine, St. Louis Mo, 1957, che molto opportunamente parla dell'ottimismo agostiniano basato sull'Incarnazione di Cristo e la redenzione del genere umano (pp. 629-649) non sembra, poi, differire molto dall'interpretazione del Rottmanner (pp 6l4-6I5)

24 - V. BOUBLÌK, La predestinazione - S. Paolo e S. Agostino, Roma 1961; GOTTHARD NYGREN, Das Prädestinationsproblem in der Theologie Augustins, - Eine systematische theologische Studie, Lund 1956.

25 - H. MARROU, Saint Augustin et l'augustinisme, ("Maîtres spirituels"), p. 55.

26 - G. DE PLINVAL, Pour connaître la pensée de Saint Augustin, éd. Bordas 1954, p. 212. Il DE PLINVAL ha scritto posteriormente sul nostro argomento pagine migliori. Cf. Aspects du déterminisme et de la liberté dans la doctrine de saint Augustin, in Revue des études augustiniennes, I (1955), pp. 345-378.

27 - J-F. THOMAS, Saint Augustin s'est-il trompé?, Paris 1959, pp. 80-95.

28 - O.c. in Geistesfrüchte aus der Klosterzelle (a cui ci riferiremo anche in appresso), p. 12: " Unter "Augustinismus" verstehe ich hier die Lehre von der unbedingten Prädestination und vom particularen Heilswillen, wie sie der hl. Augustinus vorzugsweise in der letzen Periode seines Lebens (von 417 oder 418 an) ausgebildet und his zu seinem Tode (430) festehalten hat".

29 - Cf. v.g. F. CAYRÉ, L'augustinisme, in L'Année theologique, 1911, pp. 64-88; C. BOYER, L'image de la Trinité synthése de la pensée augustinienne, in Gregorianum, 27 (1946), pp. 173-199; 333-352; MF. SCIACCA, Il principio della metafisica di S. Agostino... in S. Agostino e le correnti della filosofia contemporanea, Tolentino (MC) 1954, pp. 9-24; A. TRAPÈ, Il principio fondamentale della spiritualità agostiniana..., in Sanctus Augustinus vitae spiritualis magister, Roma 1956, I, pp. 2-41; A. GEMELLI, in S. Agostino -Pubblicazione commemorativa del XV centenario della sua morte (supplemento a Rivista di filosofia neo-scolostica, 23, 1931) p. 30, aveva scritto bellamente: "Nella consapevolezza umile e gioiosa della insufficienza umana e della sufficienza divina, le quali trovano nel Verbo incarnato il più alto richiamo, sta l'agostinismo eterno".

30 - De d. persev. 2, 4: Infatti tre sono i punti, come sapete, che con ogni energia la Chiesa cattolica difende contro di loro. Il primo è che la grazia di Dio non viene data secondo i nostri meriti, perché anche tutti i meriti dei giusti sono doni di Dio e per grazia di Dio sono conferiti; il secondo è che, per quanto grande sia la sua giustizia, nessuno può vivere in questo corpo corruttibile senza qualche forma di peccato; infine il terzo è che ogni individuo nasce colpevole del peccato del primo uomo e stretto nel vincolo della condanna, a meno che la colpa che si contrae con la generazione non sia eliminata dalla rigenerazione. Cf. C. duas epp. Pelag. III, 8, 24; IV, 7, 19; Contra Iul. 3, 1, 2.

31 - De praed. sanct. 2, 3: Dunque in primo luogo dobbiamo dimostrare che la fede che ci fa cristiani è un dono di Dio, sempre che riusciamo a dimostrarlo con precisione maggiore di quanto abbiamo già fatto in tanti e tanti volumi. Cf. Ibid. 21, 43; De d. persev. 1. 1 : Ora è giunto il momento di trattare con maggior cura della perseveranza, dato che già nel libro precedente, discutendo dell'inizio della fede, abbiamo introdotto il discorso su quest'argomento. Dunque noi sosteniamo che la perseveranza con la quale si persevera in Cristo fino alla fine è un dono di Dio, e intendo parlare della fine che pone termine a questa vita, che è la sola nella quale esista il pericolo di cadere.

32 - De d. persev. 21. 54.

33 - De nat. et gr. 44, 51.

34 - De gr. Chr. et de p. o. II, 24, 28: in causa duorum hominum... proprie fides Christiana consistit.

35 - O.c., p. 31: " Wer die Prädestinationslehre des hl. Augustinus richtig verstehen will, muss sich zwei Dinge immer gegenwärtig halten: erstens den Unterschied zwischen seiner Theorie und seiner Praxis, und andrerseits die Tatsache, dass Augustinus... seine Theorie von harmlosen Anfängen zu immer strengeren Anschauungen fortgebildet hat".

36 - O.c., p. 13.

37 - O.c., p. 80: "Man kann sagen: Für Augustinus waren in der Theorie nur wenige, in der Praxis alle prädestiniert ".

38 - Retract. 2, 1, 1; Ibid. 1, 23, 1. Cf. A. CASAMASSA, Il pensiero di Sant'Agostino nel 395-397, Roma 1919; N. CONCETTI, Esame della genesi della dottrina agostiniana intorno al peccato originale, Roma 1922; B. LEEMING, Augustine, Ambrosiaster and the massa perditionis, in Gregorianum, 11 (1930), pp. 58-91; A. PINCHERLE, La formazione teologica di S. Agostino, Roma (s.d.).

39 - C. Iul. VI, 12, 39: T'inganni o sei ingannato, o perché stai calunniando quello che dico adesso, o perché non hai capito o piuttosto non hai letto quello che ho scritto allora. Dall'inizio della conversione ho sempre creduto, come credo tuttora, che per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo... Ci sono dei libri che ho scritto subito dopo la mia conversione, quando ero ancora laico.

40 - S. J. GRABOWSKI, o.c., pp. 264-257.

41 - Il cambiamento sarebbe avvenuto dopo il 400, data del De baptismo contra Danatistas, nel quale S.A. insegna espressamente, portando per esempio il caso del buon ladrone, che, oltre il martirio, la fides e la conversio cordis possono supplire, in caso di necessità, il battesimo (Cf. Ibid. IV, 22, 29). Ma nel De an. et eius orig. del 419,insegna, sostanzialmente, lo stesso. Enunziato, infatti, il principio che nessuno diventa membro di Cristo nisi aut baptismate in Christo aut morte pro Christo spiega che la fede del buon ladrone ebbe l'intensità e il merito del martirio. Nel ladro che ebbe fede nel Cristo si trovò la statura del martire, proprio quando crollarono quelli che sarebbero stati i martiri futuri. Aggiunge poi, quasi per giunta, che non è affatto certo che il buon ladrone non sia stato battezzato. Il cambiamento avvenuto in S. Agostino si riduce dunque a ben poca cosa: non tocca la dottrina, che resta identica, ma il fatto del battesimo del buon ladrone, che dal 419 in poi non viene più ritenuto incredibile. In altre parole: a chi si serviva dell'esempio del buon ladrone per negare la necessità del battesimo, S.A. vuol togliere di mano l'argomento, dicendo che non risulta con certezza che il buon ladrone non sia stato battezzato. Conclude comunque: ... Ma ciascuno può prendere come vuole tutti questi particolari, purché non si valga dell'esempio di questo ladrone per negare il precetto del battesimo da parte del Salvatore. (Cf. Ibid. 1, 9, 10-11). Che il cambiamento o, per dir meglio, il dubbio di S.A. non riguardi la dottrina, ma il fatto del battesimo del buon ladrone trova conferma nelle Ritrattazioni, del 427-28; nelle quali, a proposito del testo citato del De baptismo, non ha nulla da osservare sul contenuto, che cioè la fides e la conversio cordis possono supplire, in caso di necessità, il battesimo, ma solo sull'esempio addotto: ...Nel quarto libro, a sostegno dell'affermazione che la sofferenza può sostituire il battesimo, ho addotto il noto episodio del ladrone. Trattasi però di esempio poco adatto in quanto non si sa se il ladrone non avesse effettivamente ricevuto il battesimo (Retract. 2, 18).

42 - F. CAYRÉ, Une retractation de saint Augustin. Les enfants morts sans baptême, in L'Année Théologique, (1952), pp. 131-143.

43 - Infatti S.A. ha interpretato egli stesso il passo del De libero arbitrio, 3, 2, 66, su cui s'insiste. Riferendosi ad esso in una lettera a S. Girolamo scrive di non aver parlato, allora, della condanna dei bambini morti senza battesimo perché l'argomento non entrava in questione (Ep. 166, 7, 20). Ai semipelagiani, poi, che gli rimproveravano d'aver dubitato, al tempo del De libero arbitrio, della sorte dei bambini morti senza battesimo, risponde che se ciò fosse vero nessuno dovrebbe meravigliarsene, perche anch'egli, come altri, ha il diritto di progredire nella scienza, tanto più che il De libero arbitrio lo ha cominciato a scrivere da laico; ma non è vero che ne ha dubitato, perché le sue parole si possono intendere più giustamente (rectius possit intelligi) in un altra maniera, cioè come parole di chi non nega o dubita, ma di chi prescinde da una questione che non interessa direttamente. Cf. De d. persev. 12, 30.

44 - 1, q. 2, 16.

45 - 1, 21, 29-30; 2, 5, 6.

46 - 34, 60.

47 - Retract. 1, 10, 2: Ho detto: Quella luce non nutre gli occhi degli uccelli privi di ragione, ma i cuori puri di coloro che credono in Dio e si volgono dall'amore delle realtà visibili e temporanee verso l'adempimento dei suoi precetti; e questo è in potere di tutti gli uomini, qualora lo vogliano. Non credano però i nuovi eretici seguaci di Pelagio che la frase sia stata detta nel senso che intendono loro. È senz'altro vero che tutti gli uomini possono farlo, qualora lo vogliano, ma la loro volontà vien preparata dal Signore e riceve un tale incremento dal dono dell'amore da metterli in grado di farlo. Non ho fatto allora questa precisazione perché non necessaria a chiarire il tema al momento in discussione.

48 - Retract. 1, 9, 6: Ed ecco che, prima ancora che facesse la sua comparsa l'eresia pelagiana, avevamo impostato la nostra discussione come se già avessimo i Pelagiani come bersaglio.

49 - V. BOUBLÍK, o.c., pp. 128-130.

50 - Per esempio i discorsi 26 e 27, dove il mistero della predestinazione è presentato con formule identiche, se non più dure, di quelle usate nelle opere teologiche. Sull'abbandono dei non eletti vedi In Io. ev. tr. 53, dove l'accecamento e l'induramento del peccatore viene spiegato secondo la tipica e costante dottrina agostiniana: Dio acceca gli occhi e indurisce il cuore quando abbandona gli uomini e non li aiuta; il che può fare per un suo giudizio, occulto ma non ingiusto (Ibid. 6). Cf. la celebre Epistola 194, 3, 14: Dio poi fa ostinare non già col dispensare la malizia ma col non dispensare la misericordia, e il De gratia et libero arbitrio, 23, 45: Dunque quando udite il Signore che dice: Sono io, il Signore, che ho sviato quel profeta (Ez 14, 9), e le parole dell'Apostolo: Ha misericordia di chi vuole e indurisce chi vuole (Rm 9, 18), credete pure che se egli permette che uno sia sviato o indurito, costui ha meritato nel male; se invece di un altro ha pietà, riconoscete in questo con fede e sicurezza la grazia di Dio che rende non male per male, ma bene per male. Ma già nel De diversis quaestionibus ad Simplicianum, I, q. 2, 16 aveva scritto: si creda inoltre con assoluta energia e fermezza che Dio usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole, cioè avere pietà di chi vuole e non averla di chi non vuole è parte di una misteriosa giustizia inaccessibile al metro umano.

51 - De d. persev. 22, 57: Eppure la predestinazione dev'essere predicata non senza prudenza alla gente, altrimenti la folla inesperta o di più lenta intelligenza può credere che la predestinazione sia messa sotto accusa proprio nel momento in cui la predichiamo; a questa maniera può sembrare oggetto di critica anche la prescienza di Dio (che certo non possono negare), se la si presenta così alla gente: "Sia che corriate, sia che dormiate, sarete solo quello che di voi ha conosciuto nella sua prescienza Colui che non si può ingannare". Ibid. 22, 61: Ma se essi pensano che ci si debba esprimere in quella loro maniera, allora lo stesso concetto della prescienza di Dio, che certamente non possono negare, si può enunciare, più o meno con le stesse parole, così: "E se pure obbedite, ma già nella prescienza divina si sa che sarete respinti, cesserete di obbedire". Certo, questo è verissimo, proprio così, eppure è estremamente improbo, importuno, sconveniente; è un discorso non falso, ma applicato in maniera non salutare alla debolezza della costituzione umana. È chiaro che S. Agostino argomenta ad hominem prendendo l'esempio da ciò che i suoi avversari non osavano negare: la prescienza divina. La difficoltà dunque per il S. Dottore non sta nella dottrina della predestinazione, ma nel modo di predicarla. La predestinazione non esclude la nostra cooperazione, in particolare l'assidua, quotidiana preghiera. Chi ne parla non deve indurre gli ascoltatori a dimenticare quest'aspetto essenziale della dottrina.

52 - Cf. Ibid. 22, 62. Lo CHÉNÉ, con la cui interpretazione della dottrina agostiniana non possiamo consentire sul punto molto impørtante della volontá salvifica, ha scritto a questo proposito parole molto opportune: "...à fin de son livre Sur le don de persévérance, en pages savoureuses et trop peu connues, nous expose-t-il comment il ne faut pas, et comment il faut la precher... C'est ainsi que lui-même sans doute parlait de ce mystère... Certainement, tout qu'on peut dire de plus réconfortant à une âme en face du redoutable problème de son salut, saint Augustin l'a dit ". Cf. La théologie de Saint Augustin - Grâce et prédestination, Lyon 1961, p. 83. Il volume contiene una larga raccolta di testi preceduti da una introduzione.

53 - De pecc. mer. et rem. 1, 26, 39-27, 54.

54 - Ibid. 1, 28, 56.

55 - J. RIVIÈRE, Le dogme de la rédemption chez saint Augustin, Paris 1933, p. 345.

56 - C. Iul. 6, 24, 81.

57 - De nat. et gr. 8, 10: Se dicono che ha potuto, ecco la vanificazione della croce del Cristo: sostenere che senza di essa uno può essere giustificato mediante la legge naturale e l'arbitrio della volontà.

58 - De gr. Chr. et de pecc. orig. 24, 28.

59 - Ibid. 29, 34: Chiunque pertanto sostiene che la natura umana in qualsiasi epoca non ha bisogno del secondo Adamo come medico, perché non è stata viziata nel primo Adamo, risulta con evidenza di prove nemico della grazia di Dio, non in una qualche questione nella quale si può dubitare o errare, pur rimanendo salva la fede, ma nella stessa regola della fede che ci fa cristiani.

60 - De pecc. mer. et de pecc. orig. 1, 9, 10:... Ma altro è il rapporto dell'esempio per quelli che peccano volontariamente, altro è il rapporto dell'origine per quelli che nascono con il peccato. Anche i santi del Cristo imitano il Cristo nel seguire la giustizia... Ma oltre a questa imitazione c'è la sua grazia che opera anche intrinsecamente la nostra illuminazione e giustificazione con quell'opera di cui il medesimo predicatore della grazia dice: "Né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere".

61 - C. Iul. o. imp. 2, 146. 190. 192.

62 - De pecc. mer. et rem. 1, 27, 44; C. Iul. 3, 25, 58; 6, 4, 8. 15, 48. 26. 83; De civ. Dei, 20, 6; C. Iul. o. imp. 1, 117; 2, 30. 68. 133-135. 138. 163. 170. 171. 175. 222; 5, 9; 6, 21.

63 - C. Iul. 6, 4, 8.

64 - Ibid. 6, 26, 83.

65 - C. Iul. o. imp. 2, 175.

66 - Ibid. 6, 21.

67 - De pecc. mer. et rem. 3, 12, 21-13, 22: A favore dei bambini dobbiamo tanto più pressantemente parlare, quanto meno lo possono fare da sé... Però, se ci viene comandato di soccorrere gli orfani, quanto più dobbiamo darci da fare per i bambini, i quali anche in mano dei loro genitori rimarranno più abbandonati e più disgraziati degli orfani, se a loro si negherà la grazia del Cristo che essi non possono chiedere da sé! Cf. Serm. 176, 2; 298, 9.

68 - Ibid. 2, 29. 48; Cf. De nat. et gr. 20, 22.

69 - De nuptiis et concupiscentia, 2, 35. 60.

70 - C. Iul. o. imp. 2, 2. 115; 3, 83; 4, 71; 5, 29; 6, 41.

71 - Ibid. 6, 41.

72 - Ibid. 4, 71.

73 - Serm. 174, 7-9; 93, 8-12.

74 - Cf. De pecc. mer. et rem. dove ai numerosi testi scritturali sul fine dell'incarnazione, S. Agostino premette queste parole:... Perciò credo che sia più pratico ammucchiare insieme i molti testi che possano offrirsi o che sembrino sufficienti a dimostrare che il Signore Gesù Cristo non per altro fine è venuto nella carne... se non per... redimere... tutti... coloro che prima vivevano nella morte (Ibid. 1, 26, 39). È questa tesi che il vescovo d'Ippona rievoca spesso nei discorsi con formule incisive come le seguenti: Se l'uomo non si fosse perduto, il Figlio dell'uomo non sarebbe venuto (Serm. 174, 2); La causa della venuta di Cristo Signore altra non è che quella di salvare i peccatori (Serm. 175, 1); Se tu, o uomo, non avessi abbandonato Dio, Dio non si sarebbe fatto uomo per te (Enarr. in ps. 36, s. 2, 15).

75 - Ep. 204, 2.

76 - In Io. ev. tr. 36, 4.

77 - Enarr. in ps. 95, 15.

78 - Enarr. in ps. 129, 5.

79 - M. PONTET, L'exégèse de S. Augustin prédicateur, p. 495.

80 - Enarr. in ps. 87, 10.

81 - Ep. 169, 4.

82 - Dopo aver tiportato alcuni passi per dimostrare che secondo il vescovo d'Ippona Gesù Cristo sarebbe morto solo per i predestinati, quasi sentendo la debolezza della sua argomentazione aggiunge: " Et ne quis forte suspicetur, ita phrases huiusmodi affirmativas de praedestinatis intelligendas esse, ut tamen alii iusti qui de beato illo regno non sunt, non excludantur, non uno in loco invertit istiusmodi locutiones, it ut eas negative efferendo dicat Christum pro caeteris qui non fuerint praedestinatis non esse mortuum... Hoc enim in Epistola ad Evodium sine ulla ambiguitate pronunciat: Non perit unus ex illis pro quibus mortuus est Christus ". (Augustinus, t. III: De gratia Salvatoris, III, 20; Rothomagi 1652, p. 165).

83 - I Maurini avevano segnalato tre codici, il Goldbacher ne ha consultati 6 (CSEL 44, 614). Nessuno dà la lezione seguita dai Maurini e dalle precedenti edizioni. Gli editori s'erano lasciati influenzare dalla supposta allusione del testo agostiniano a S. Giov. 17, 12; mentre in verità bisogna pensare a Matt. 18, 14.

84 - S. A., rispondendo all'amico Evodio, chiarisce che le parole dell'Apostolo: Qui ignorat ignorabitur, non si riferiscono alla scienza della fede, che pochi possiedono. Di fatti, se Cristo fosse morto solo per coloro che possono penetrare con l'intelligenza i misteri rivelati, sarebbe quasi vano il lavoro apostolico, " pene frustra in Ecclesia laboramus". Vi sono invece i deboli che vanno a Cristo per mezzo delle fede semplice. Anzi, mentre alcuni di quelli che scrutano altissime verità, e perciò si stimano grandi, irridono alla stoltezza della predicazione e corrono lontano dall'unica via della salvezza; molti che si gloriano della croce di Cristo e non si allontanano da questa via, benché ignorino le sottili discussioni dei dotti, raggiungono - poiché non perisce nessuno dei piccoli per i quali Cristo è morto - l'eternità, la verità, la carità, cioè la felicità stabile, certa e piena dove tutto diventa chiaro. V'è dunque un'opposizione nel contesto, tra i magni e i deboli o pusilli, e la frase incidentale che abbiamo sottolineato ha lo scopo evidente di dimostrare che questi piccoli, privi di scienza, ma ricchi di fede e di amore alla croce, raggiungeranno la salvezza. L'allusione a Matt. 18, 14 è innegabile.

85 - Sap 6, 8; Ps 113, 13.

86- ... La fede genuina infatti e la Chiesa Cattolica hanno professato sempre la dottrina secondo la quale la grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore fa passare tutti, bambini e adulti, dalla morte del primo Adamo(Cf. Ap 11, 18) alla vita del secondo Adamo (Ep. 186, 3); Vorrei inoltre... ammonirti di stare attento a non cadere incautamente in una eresia recente, che fa del tutto per abbattere i saldi fondamenti della nostra antichissima fede, mettendo in discussione la grazia di Dio, largita con bontà ineffabile da Cristo Signore ai piccoli e ai grandi (Ep. 190, 22); Ho pertanto intrapreso quest'opera con l'aiuto del Salvatore dei piccoli e dei grandi (Ep. 207); E nessuno, bambino o adulto, è liberato dalla morte perpetua che è la giustissima retribuzione del peccato, se non da Colui che morì perché ci fossero rimessi i peccati (De d. persev. 12, 30).

87 - GIANSENIO, o. c., p. 163.

88 - Enarr. in ps. 68, s. 2, 11.

89 - Cf. DENZINGER, Enchiridion Symbolorum, nn. 160 ab; 319; 795; 1096; 1294.

90 - DENZINGER, Enchiridion Symbolorum, n. 318: " Deus omnipotens omnes homines sine exceptione vult salvos fieri, licet non omnes salventur. Quod autem quidam salvantur, salvantis est donum: quod autem quidam pereunt, pereuntium est meritum".

91 - 2 Tess 3, 2; Cf. De pecc. mer. et rem. 28, 55; C. Iul. 6, 24, 80, ecc.

92 - De an. et eius orig. 3, 9, 12.

93 - L'esposizione più ampia della dottrina escatologica che S.A. ci abbia lasciato si trova nel De civitate Dei, 21.

94 - Rom 5, 18.

95 - 1 Cor 15, 22.

96 - De pecc. mer. et rem. 1, 15, 19.

97 - De nupt. et cconc. 2, 28, 46.

98 - Serm. 293, 9.

99 - De pecc. mer. et rem. 1, 28, 55.

100 - Cf. De nat. et gr. 41, 48; C. Iul. 4, 8, 43-44; 6, 24, 80; Ep. 217, 5, 19; De praed. sanct. 8, 14. S. A. difende questa sua interpretazione contro le difficoltà di Giuliano: Nel giudicare poi contrarie tra loro le due verità, che tutti vanno alla dannazione per causa di Adamo e tutti ugualmente alla giustificazione per mezzo del Cristo, sbagli in modo assoluto. Nessuno infatti se non per causa di Adamo è condotto alla condanna, dalla quale gli uomini sono liberati per mezzo del lavacro della rigenerazione, e nessuno è liberato da questa condanna se non per mezzo del Cristo. La ragione dunque per cui si dicono tutti da una parte e tutti dall'altra parte è che nessuno va alla condanna se non per causa del primo e nessuno va alla vita della rigenerazione se non per mezzo del secondo (C. Iul. o. imp. 2, 186); Cf. Ibid. 2, 136-149.

101 - De pecc. mer. et rem, 2, 18, 28-32.

102 - De spir. et litt. 33, 58.

103 - Ibid. 34, 60: Se poi qualcuno a questo punto vuole costringerci a scrutare il profondo arcano per cui con uno l'azione suasiva riesce ad essere persuasiva e con un altro no, due sole verità mi si presentano adesso con le quali mi piace rispondere: "O profondità della ricchezza" e: "C'è forse ingiustizia da parte di Dio"? Se questa risposta a qualcuno dispiace, cerchi persone che ne sappiano di più, ma stia ben attento a non incappare in persone che solo presumano di saperne di più.

104 - J. CHÉNÉ, Les origines de la controverse semi-pélagienne, in L'Année Théol., 1953, p. 73

105 - AUGUSTINUS, t. III: De gratia Christi Salvatoris, II, 30, pp 90-92.

106 - De praed. sanct. 18, 36.

107 - C. Iul. 4, 8, 42.

108 - Ep. 217, 5, 19.

109 - Ench. 103, 27.

110 - Ibid. 102, 26-103, 27:... la volontà dell'onnipotente è sempre invincibile... Quando perciò noi sentiamo e leggiamo nelle sacre Lettere che è volontà di Dio che tutti gli uomini siano salvi, benché sappiamo con certezza che non tutti gli uomini lo sono, non per questo dobbiamo però sottrarre alcunché alla volontà di Dio onnipotente. Dobbiamo piuttosto intendere ciò che sta scritto: "Egli vuole che tutti gli uomini siano salvi" come se si dicesse che nessun uomo è salvato, all'infuori di quelli che Egli ha voluto salvi; non che non ci sia nessun uomo all'infuori di chi Egli vuole salvo, ma che nessuno si salvi all'infuori di chi Egli vuole; perciò lo si deve pregare perché lo voglia, poiché accadrà sicuramente solo se Egli avrà voluto.

111 - De correptione et gratia, 14, 44.

112 - Enchiridion, 103, 27: Come dunque qui tutto il raccolto indica ogni genere di raccolto, così là con l'espressione tutti gli uomini possiamo intendere ogni genere di uomini. Si può anche intendere in qualunque altro modo, purché però non siamo costretti a credere che Dio onnipotente abbia voluto realizzare qualcosa senza riuscirci. Non pare dunque che ci voglia un grande sforzo per convincersi che qui S.A. parla della volontà divina assoluta e, riferendo a questa volontà (e non a quella condizionata, come aveva fatto altre volte) il testo di S. Paolo 1 Tim 2, 4, cerca di dare ad esso un significato restrittivo che non esuli dalle regole del linguaggio umano.

113 - Enchiridion, 98, 25: Ma quale empia follia può portare a dire che Dio non possa far volgere al bene le volontà cattive degli uomini, scegliendo quelle che vuole, quando e dove vuole?

114 - De praed. sanct. 8, 13: E questa grazia, che occultamente viene concessa ai cuori umani dalla generosità divina, non viene rigettata dalla durezza di nessun cuore. Essa è donata appunto affinché per prima cosa sia tolta la durezza del cuore.

115 - Contra duas epistolas Pelag. 1, 19, 37.

116 - Vedi sopra note 30-31. Sul De praed. sanct. e De d. persev. vedi le solenni parole scritte da Papa Ormisda al vescovo Possessore (Epist. 70, ML 63, 493) e confermate da Pio XI nell'Enciclica " Ad salutem " (AAS, 22 (1930) p. 202): " De libero tamen arbitrio et gratia Dei, quod Romana hoc est catholica sequatur et asseveret Ecclesia, licet in variis libris beati Augustini, et maxime ad Hilarium et Prosperum, possit cognosci, tamen in scriniis ecclesiasticis expressa capitula continentur ".

117 - De d. persev. 6, 10: Questo dono di Dio si può meritare con la preghiera, ma una volta che è stato dato, non si può perdere con la ribellione. Quando infatti uno abbia perseverato fino alla fine, non può né perdere questo dono né altri che avrebbe potuto perdere prima della fine. Allora come si può perdere quello che impedisce di perdere anche ciò che è possibile perdere?

118 - Serm. 26, 13-15: Vuoi altercare con me? Piuttosto insieme con me ammira e con me esclama: "O profondità della ricchezza! ". Spaventiamoci tutt'e due ed esclamiamo insieme: "O profondità della ricchezza! ". Siamo uniti nel timore, per non perire nell'errore... Dirai: "Ma m'impressiona il fatto che uno si danna mentre l'altro è battezzato. M'impressiona, mi colpisce in quanto sono uomo". Se vuoi che ti dica la verità, ciò impressiona anche me, essendo io pure un uomo. Ma se tu sei uomo e io pure sono uomo, ascoltiamo tutt'e due colui che dice: "O uomo! ". Certo se ci lasciamo impressionare perché siamo uomini, è questa nostra natura umana, fragile e debole, che l'Apostolo apostrofa quando dice: "O uomo, chi sei tu che vuoi discutere con Dio?".

119 - Serm. 294, 7: Da parte mia avverto la profondità di tale questione e riconosco che le mie risorse non sono adeguate a scandagliarne il fondo... Un bambino non battezzato va verso la dannazione; sono infatti le parole dell'Apostolo: "Da uno solo per la condanna". Non trovo una ragione che soddisfi adeguatamente, non perché manchi, ma perché non riesco a trovarla. Perciò, quando mi è preclusa l'indagine che scandagli la profondità fino in fondo, devo richiamarmi all'insufficienza umana, non accusare l'autorità di Dio. E dopo aver citato la Lettera ai Romani 11, 35-36, continua: Con tali parole premunisco la mia debolezza e, reso inaccessibile da tale difesa, mi fermo così blindato di fronte ai dardi dei tuoi ragionamenti. In un altro luogo: Tu cerchi i motivi, io inorridisco di fronte alla profondità... Tu ragiona; quanto a me, lasciami ammirare. Tu discuti; io non farò che credere. Vedo la profondità; non ne raggiungo il fondo... Imperscrutabili sono i suoi giudizi, e tu sei venuto a scandagliarli? Se sei venuto a scrutare ciò che è inscrutabile e a percorrere ciò che è impervio, credi, sei già andato in rovina (Serm. 27, 7).

120 - De corr. et gr. 16, 49.

121 - De an. et eius orig. 1, 7, 7; Coloro infatti dei quali la prescienza di Dio preconosce che saranno risanati da lui, li preconosce peccatori, non li fa peccatori. De praed. sanct. 10, 19: ... la predestinazione non può esistere senza la prescienza; invece la prescienza può esistere senza predestinazione. Per la predestinazione Dio seppe in precedenza le cose che Egli avrebbe fatto... Ma Egli ha potere di sapere in precedenza anche quelle cose che non compie egli stesso, come ogni sorta di peccato. Va ricordato, poi, uno dei principi più solenni e più profondi dell'agostinismo, questo: Signore Dio, ordinatore e creatore di quante cose esistono nella natura, dei peccati ordinatore soltanto (Confess, 1, 10, 16).

122 - De nat. et gr. 43, 50: Dio dunque non comanda cose impossibili, ma comandando ti ordina sia di fare quello che puoi, sia di chiedere quello che non puoi!. Cf. Ibid. 26, 29. Questo principio è stato ripreso dal Concilio Tridentino, Denzinger, 804.

123 - Cf. note 124 e 126. Ai peccatori che si scusavano dei loro peccati accusando Dio, S. A. ricorda le parole della Lettera di S. Giacomo (1, 13) e le parole del libro dei Proverbi, 19, 3 (come egli le leggeva nella versione vetero-latina): Sempre a coloro che vogliono scusarsi prendendo a giustificazione Dio stesso, risponde il libro dei Proverbi di Salomone: "La stoltezza dell'uomo stravolge le sue vie; e invece nel suo cuore egli accusa Dio" (De gr. et lib. arb. 2, 3). Cf. Ep. 194, 19.

124 - S. A. allude alle parole di S. Paolo, Romani, 9, 21-23.

125 - Ep. 194, 6, 30.

126 - Ep. 186, 11, 37-38.

127 - De d. persev. 19, 35.

128 - Ibid. 8, 19.

129 - Sono la conclusione del De divv. qq. ad Simpl. 1, q. 2 (del 397); ritornano all'inizio della controversia pelagiana nel De pecc. mer. et rem. 1, 21, 29-30, nel De spir. et litt. 34, 60; e poi quasi in ogni opera o discorso antipelagiano, si direbbe.

130 - De civ. Dei, 12, 27: È stato scritto infatti: "Tutte le vie del Signore sono bontà e verità". Quindi non può essere ingiusta la sua grazia né crudele la sua giustizia. Cf. De Trin. 15, 5, 7.

131 - È la convinzione dei teologi della Scuola agostiniana, i quali fanno del ricorso al peccato originale un elemento essenziale della loro dottrina sulla predestinazione. Cf. anche il giusto rilievo del P. C. BOYER, Le système de saint Augustin sur la grâce, in Essais sur la doctrine de saint Augustin, Paris 1932, p 235.

132 - C. Iul. 3, 18, 36. La stessa idea in De gr. et lib. arb. 23, 45: Sicuramente Dio renderà anche male per male, perché egli è giusto; e bene per male perché egli è buono; e bene per bene perché è buono e giusto; non sarà possibile soltanto che renda male per bene perché non è ingiusto.

133 - Ep. 194, 2; De d. persev. 8, 16-18; De civ. Dei, 22, 12.

134 - H. RONDET, Gratia Christi, Paris 1948, pp. 140-141. Nonostante questo suo rilievo, il Rondet scrive molto giustamente, a nostro avviso, " que les historiens d'aujord'hui, influencés par Rottmanner, risquent de laisser échapper le meilleur de la pensée d'Augustin ". (Ibid. p. 137).

135 - P. ANDRÈS, La doctrine de l'humilté chez S. Augustin, in Étude de théol. spirituelle, Toulouse 1963; Cf. A. ROMEO, L'antitesi delle due città... in Sanctus Augustinus vitae spiritualis magister, Roma 1956, pp. 131-146.

136 - De divv. qq. ad Simpl. 1, q. 2, 2: Mi atterrò anzitutto all'intenzione dell'Apostolo, che anima tutta l'epistola, e la terrò presente. Ora questa è la sua intenzione: nessuno si glori dei meriti delle opere... Ibid. I, q. 2, 21: Dunque solo questa è l'intenzione dell'Apostolo e di tutti i giustificati, attraverso i quali ci è stato spiegato il significato della grazia: "chi si vanta, si vanti nel Signore".

137 - Ench. 98, 25: Nella sconfinata profondità salvifica di questo mistero è la fisionomia complessiva e, per cos sì dire, il volto delle sante Scritture ad invitare quanti sanno contemplarle affinché "chi si vanta, si vanti nel Signore ".

138 - Retract. 2, 1; De praed. sanct. 4, 8.

139 - Ep. 186, 3, 10; 194, 4, 17; De gr. et lib. arb. 5, l2sq.

140 - Confess. 2, 7, 15; De s. virg. 40, 41 sq.

141 - Cf. F. BRAMBILLA, Necessità della Preghiera - Dottrina cattolica alla luce del pensiero di S. Agostino, Roma 1943.

142 - De d. persrv. 16, 39.

143 - In Io. Ev. tr. 26, 2: Mirabile esaltazione della grazia! Nessuno può venire se non è attratto... Non ti senti ancora attratto? Prega per essere attratto.

144 - C. Iul. o. imp. 6, 15: Perciò in questo agone Dio volle che noi combattessimo più con le preghiere che con le forze, perché anche le stesse forze, quante ci compete di averne quaggiù, le somministra ai combattenti colui stesso che noi preghiamo.

145 - De d. persev. 6, 10: Questo dono di Dio si può meritare con la preghiera. È il principio dommatico che sta alla base dell'esortazione, che S.A. ripete incessantemente, di pregare per la propria perseveranza nel bene.

146 - Ibid. 6, 12.

147 - Ibid. 22, 60.

148 - Ibid. 22, 62.

149 - De praed. sanct. 11, 21.

150 - De d. persev, 6, 12.

151 - In contrasto con questo decantato pessimismo ci piace riportare la conclusione a cui giunge nello studio sulle opere antipelagiane di S.A. il prof. Guzzo: "...chi sente il potere di Dio nella vita umana può... trovare nella dottrina agostiniana un radicale ottimismo, che incoraggia l'uomo a non credersi perduto quand'anche si senta gravato di colpe o, peggio, inerte per fiacchezza: poicheé l'uomo non è solo, non è abbandonato... Questo ottimismo radicale è il significato del sistema agostiniano della grazia " (A. GUZZO, Agostino contro Pelagio, 3 ed., Torino 1958).

152 - In Io. ev. tr. 53, 8:... Perché ci sono alcuni che la troppa fiducia nella loro volontà leva in superbia, e altri che la troppa diffidenza per la loro volontà porta alla negligenza. I primi dicono: Perché dobbiamo rivolgerci a Dio per vincere la tentazione se questo dipende da noi? Gli altri dicono: Perché dobbiamo sforzarci di vivere bene se questo dipende da Dio? O Signore, o Padre che sei nei cieli, non c'indurre in nessuna di queste tentazioni, ma liberaci dal male. Cf. Enarr. in ps. 31, s. 2, 1.