Note: Verso la riabilitazione del pelagianesimo - p. Agostino Trapè
1 Cf. p. es. J. Tixeront, Histoire des dogmes, II, Paris 1931, pp. 437-50; A. Harnach, Lehrbuch der Dogmengeschichte, 4 Aufl., Tübingen, 1910, t. III, c. 4.
2 - p. 394.
3 - pp. 227 e 395-397.
4 - pp. 400-402.
5 - p. 263.
6 - p. 409. Cf. dello stesso autore la voce: Pelagio e il Pelagianesimo, in Enciclopedia cattolica, IX, coll. 1071-77: sintesi chiara ed equilibrata.
7 - Tanto che questi ha potuto parlare di "démarquages" fin troppo evidenti. Cf. G. De plinval, Points de vue récents sur la théologie de Pelage, in Rech. de Sc. relig. 46 (1958) p. 233.
8 - p. 126.
9 - p. 114.
10 - pp. 164, 183.
11 - p. 182.
12 - pp. 162-181.
13 - p 184.
14 - pp. 40, 45.
15 - p. 56.
16 - p. 11. Cf. sull'opera del Prete, Augustinianum 2 (1962), pp. 131-40; ivi, 3 (1963), p. 446.
17 - p. 152, nota.
18 - p. 182.
19 - p. 69.
20 - p. 181.
21 - p. 8.
22 - pp. 123, 127, 181.
23 - p. 151.
24 - p 163.
25 - p. 170.
26 - p. 10.
27 - p. 183.
28 - p. 189.
29 - p. 184.
30 - p. 131.
31 - pp. 149-151.
32 - pp. 139, 187.
33 - pp. 126-127.
34 - p. 186. O non comprendiamo ciò che voglia dire, o qui le parole sono andate di molto oltre il pensiero dell'autore, il quale non può davvero ignorare che certe opinioni non hanno nulla a che vedere con l'anima e con la dottrina di S. Agostino.
35 - S. Agostino, con l'atteggiamento umile e sapiente che gli era proprio, lo ha tante volte ripetuto contro gli avversari che se la prendevano con la sua persona. Cf. p. es. Enarr. in ps. 36, s. 3, 19: "Perché, dunque, o eretico, abbandoni la causa ed attacchi l'uomo? Che cosa sono io, insomma? che cosa sono? Sono forse la [Chiesa] Cattolica? sono forse l'eredità di Cristo diffusa tra le genti?"
36 - È la tesi del De gratia Christi et de peccato originali. Già nel De gestis Pelagii, aveva notato la differenza tra le ammissioni di Pelagio a Diospolis e le affermazioni del De natura, ma non aveva voluto parlare di menzogne, poiché Pelagio avrebbe potuto dire, a sua discolpa, di aver dimenticato quanto aveva scritto in quel libro. Cf. De g. Pel. 10, 22: "Perciò se quel libro è suo, dev'esser certamente corretto secondo la sua risposta. Non lo voglio accusare d'aver mentito adesso, perché non venga fuori a dire d'aver dimenticato quello che aveva scritto nel libro".
37 - Ep. 196, 7. "Questa razza d'individui s'era trovati come caporioni Pelagio e Celestio, accesissimi assertori di questa eresia; i quali, con recente sentenza di Dio, ad opera di diligenti e fedeli suoi servi, sono stati privati anche della comunione cattolica, ma, a causa della loro coscienza inaccessibile al pentimento, persistono ancora nella loro condanna". La lettera è del 418-19. Cf. Retract. 2, 33: "anche se in seguito, divenuto eretico, avrebbe sostenuto quelle stesse idee con caparbia animosità". Il Ferguson, op. cit. p. 114, sembra fargliene un titolo di gloria. There (cioè in Egitto, dove s'era rifugiato) in face of contumely he remained loyal to the truth he had seen. Noi riteniamo che non sia davvero un titolo di sapienza nè di gloria credere alla propria infallibilità e ricusare di ammettere l'infallibilità della Chiesa. Il De Plinval, op. cit. p. 330, seguito da S. Prete, op. cit. p. 152, scrive che è pressoché certo che Pelagio non si sottomise alla Chiesa, senza per altro fare espressamente atto di contumacia. Sarebbe più esatto dire che la contumacia è insita nella mancata sottomissione.
38 - De Plinval, op. cit. pp. 285-92; S. Prete, op. ct. p. 102.
39 - Cf. p. es. De nat. et gr. 1, 1: "Ho letto di corsa, ma non con scarsa attenzione, e da cima a fondo il libro che mi avete mandato. Ho visto nel libro un uomo acceso di zelo ardentissimo contro coloro che, invece d'accusare nei propri peccati la volontà umana, cercano piuttosto di scusarla, accusando la natura umana".
40 - Rom 10, 2-3.
41 - 1 Cor 1, 17. Cf. De nat. et gr. 1, 1-7, 7.
42 - Su questa distinzione insiste il De Plinval, op. cit. pp. 385, 394.
43 - Cf. De gr. Ch. et de p. o. 2, 12, 13: "Ora, se dimostrerò che anche Pelagio quanto ai bambini pensa ugualmente che essi nascono senza nessun contagio di nessun vizio, quale distanza rimarrà tra costui e Celestio nella presente questione? Nessuna all'infuori di questa: Celestio fu più aperto, Pelagio più velato, l'uno più pertinace, l'altro più mendace, o certamente l'uno più libero, l'altro più astuto?"
44 - Cf. De Plinval, op. cit. pp. 387, 394.
45 - Cf. C. Iul o. imp. 4, 112.
46 - Serm. 294, 20.
47 - Retract. 2, 23; De g. Pel. 22, 46.
48 - De g. Pel. 23, 47: "E tuttavia nemmeno in quella condizione di spirito io inserii il nome di Pelagio nella mia opera con la quale confutai il medesimo libro, stimando che gli sarei stato più facilmente di aiuto, se conservando la sua amicizia avessi ancora riguardo al suo pudore, dal momento che non dovevo averne ormai più ai suoi scritti". Cf. Ep. 186, 1.
49 - Ep. 177, 6.
50 - De g. Pel. 25, 50.
51 - Ep. 140, 37, 83: "Non sono persone che si possano facilmente tenere in poco conto, vivono anzi nella continenza e meritano lode per le opere buone". Cf. De pecc. mer. et rem. 2, 16, 25: "siano lodevoli per castità di vita e per condotta morale".
52 - Ep. 188, 3, 13: "Non ci sono parole sufficienti per esprimere quanto bramiamo di trovare negli scritti di quegli individui i quali per acutezza d'ingegno ed eloquenza si fanno leggere da tante persone, una chiara affermazione della grazia, tanto energicamente messa in risalto".
53 - De nat. et gr. 6, 6: "Non voglio citare quello che segue, perché non ci si rimproveri d'offendere i nostri amici, che desideriamo veder correre, con i loro ingegni fortissimi e prontissimi non sulla strada sbagliata, ma sulla strada giusta". C. duas epp. Pel. 2, 3, 5: "Ma, avendolo posto Celestio nel suo libello... in un uomo d'ingegno molto acuto, che senza dubbio avrebbe giovato a tantissime persone se si fosse corretto".
54 - "In questo libro con l'aiuto di Dio ho discusso con forza contro i nemici della grazia di Dio" delle Retract. 2, 37 (i Maurini leggono, e forse meglio, acriter disputavi, Cf. De spir. et litt. 2, 4:...illis acerrime et vehementissime resistendum est), riferito a De spiritu et littera, che è l'opera meno polemica - se si potesse dire - tra le sue opere polemiche contro i pelagiani, sta a significare l'insistenza e l'abbondanza degli argomenti con i quali dimostra la vera natura, cioè l'interiorità della grazia.
55 - De g. Pel. 22, 46.
56 - Ep. 146, diretta Domino dilectissimo et desideratissiimo fratri Pelagio. Pelagio si servì di questa lettera in Palestina per testimoniare la sua amicizia col vescovo d'Ippona, tanto che questi si vide costretto a spiegare la ragione del titolo e del contenuto nel De g. Pel. 26, 51, dove a proposito di quel desideratissimo scrive: "L'ho chiamato desideratissimo, perché ero bramosissimo di dialogare alquanto con lui a viva voce: avevo infatti già sentito dire che, appena si accennava alla grazia che ci giustifica, egli s'impennava fortemente e apertamente".
57 - De pecc. mer. et rem. 3, 1, 1: "...Ma dopo pochissimi giorni ho letto alcuni scritti di Pelagio, uomo santo, mi si dice, e cristiano di non poca perfezione".
58 - Ci riferiamo ai concilii di Cartagine e di Milevi del 416 e alla risposta del papa Innocenzo I.
59 - Ep. 186, 1: "Pelagio... quanto a noi, non solo l'abbiamo stimato ed amato, ma gli vogliamo ancora bene".
60 - De nat. et gr. 11, 12, dove a proposito di un passo del De natura si legge: "Confesso alla vostra Dilezione che a leggere queste espressioni fui inondato dalla gioia che costui non negasse la grazia di Dio" De gr. Chr. et de p. o. 2, 18, 20, dove di un ambiguo passo del De libero arbitrio scrive: "tanto che anche noi alla prima lettura godevamo che le sue affermazioni fossero rette o in qualche modo corrette. Le sue esposizioni più ampie... ci hanno rese sospette anche coteste affermazioni".
61 - Ep. 178, 2: "...preferiamo vengano guariti in seno alla Chiesa anziché venirne separati". Cf. Ep. 176, 4 - lettera del concilio milevitano al Papa Innocenzo I.
62 - De spir.et litt. 2, 3: "...non si sbaglia né grossolanamente né pericolosamente".
63 - De spir.et litt. 2, 4.
64 - Quando non poteva salvare le parole, cercava di salvarne almeno l'intenzione, facendo proprio il contrario di ciò che oggi, da parte di alcuni, gli viene rimproverato. Vedi p. es., De nat. et gr. 7, 7 dove, a proposito della dottrina del De natura di Pelagio, che rendeva vana, a suo parere, la croce di Cristo, si legge: "Ciò si difende appunto in cotesto libro. Non voglio dire consapevolmente, perché allora a mio giudizio l'autore non meriterebbe nemmeno il nome di cristiano! Ma piuttosto credo incosapevolmente".
65 - Cf. l'opera di Giuliano al vescovo Floro, riportata nel Contra secundam Iuliani responsionem opus imperfectum di S. Agostino; p. es. la volgare offesa contro la madre di S. Agostino nel libro I, c. 68.
66 - De pecc. mer. et rem. 3, 6, 12: "...trovandomi a Cartagine le mie orecchie furono colpite di sfuggita da queste parole di certe persone che conversavano occasionalmente".
67 - De g. Pel. 22, 46.
68 - Retract. 2, 33.
69 - De pecc. mer. et rem. 3, 1, 1: "Ma dopo pochissimi giorni ho letto alcuni scritti di Pelagio... Essi contengono brevissime spiegazioni delle Lettere dell'apostolo Paolo".
70 - Retract. 2, 33: "Mi ero inoltre limitato a criticare nei suoi scritti le idee esposte non a titolo personale, ma come espressione del pensiero di altri, anche se in seguito, divenuto eretico, avrebbe sostenuto quelle stesse idee con caparbia animosità".
71 - De nat. et gr. 1, 1.
72 - De nat. et gr. 44, 52. 45, 53.
73 - De perf. iust. 1, 1. "Infatti nemmeno queste brevi definizioni ...si distaccano dal suo stile. L'ho potuto riscontrare in un'altra opera di cui consta che egli è l'autore".
74 - De gr. Chr. et de p. o. 1, 33, 36 s.
75 - De gr. Chr. et de p. o. 1, 2, 2.
76 - De gr. Chr. et de p. o. 1, 4, 5; Cf. 2, 13, 14.
77 - Ep. 177, 6.
78 - Cf. C. duas epp. Pel. libri 4.
79 - Retract. 2, 53.
80 - Retract. 2, 62: "In essi individuai le parti che aveva stralciato colui che le aveva inviate al conte Valerio, ma dovetti anche constatare che il testo scritto per il conte non corrispondeva in tutto a quanto Giuliano aveva detto e presentava in alcune parti notevoli rimaneggiamenti. Scrissi allora sei libri per confutarli tutti e quattro".
81 - Retract. 2, 62: "Nel quinto libro di quest'opera così ampia e così laboriosa".
82 - Ep. 224, 2.
83 - C. Iul. o. imp. Pref.
84 - De d. persev. 2, 4.
85 - È la tesi che S. Agostino difende dalla prima all'ultima opera della controversia. Cf. il De pecc. mer. et rem. che è la prima p. es. 1, 9, 10: "Questo è proprio della propagazione e non dell'imitazione"; e C. Iul. opus imp. che è l'ultima p. es., 2, 145: "...i molti che hanno peccato per imitazione e non per generazione"
86 - Cf. De pecc. mer. et rem. 1, 9, 10-10, 11.
87 - De pecc. mer. et rem. 3, 6, 12.
88 - Vedi il riassunto in C. Iul. 2, 10, 33, con la solenne conclusione ivi, 2, 10, 34: "Hanno conservato ciò che hanno trovato nella Chiesa; hanno insegnato ciò che hanno imparato, ed hanno trasmesso ai figli ciò che hanno appreso dai padri".
89 - Cf. p. es. De nat. et gr. 53, 62; De nupt. et conc. 2, 3, 9; 2, 34, 58.
90 - Cf. p. es. De gen. ad litt. 6, 24, 35-27, 38.
91 - De corr. et gr. 12, 33.
92 - Cf. p. es. il De natura et gratia di cui, si può dire, è il tema centrale.
93 - Serm. 26, 4: "Non si deve reputare grazia la natura [ricevuta]; che se la si considera grazia, è perché anch'essa è donata gratuitamente". Cf. p. es. Ep. 177,7;
94 - È la tesi ampiamente illustrata e difesa nel De spiritu et littera. Vedi la nota definizione agostiniana di questa grazia nel C. duas epp. Pel. 4, 5, 11: "La legge quindi... vogliono intendere grazia... non l'ispirazione dell'amore perché facciamo con santo amore le opere conosciute: e questo amore è propriamente grazia".
95 - È questa, fra l'altro, la tesi del primo libro del De gr. Chr. et de p. o. Cf. p. es. 1, 47, 52. Inoltre, il De nat. et gr. 26, 29: "Dio dunque ci guarisce non solo così da cancellare ciò in cui peccammo, ma da prestare anche l'aiuto perché non pecchiamo. Ep. 188, 11: ...non ammettono che siamo aiutati a poter compiere anche con amore ciò che sappiamo per esserci stato insegnato".
96 - De nat. et gr. 43, 50; C. Iul.o. imp. 4, 15.
97 - Ep. 194, 3, 6: "I giusti, allora, non hanno merito alcuno? Sicuro che ne hanno, poiché sono giusti, ma non ne hanno avuto alcuno per diventare tali".
98 - È la tesi difesa e spiegata ampiamente, in particolare, nel De praedestinatione sanctorum e nel De dono perseverantiae.
99 - È la tesi del De perfectione iustitiae hominis. Cf. pure, p. es. De g. Pel. 12, 28; C. duas epp. Pel. 3, 8, 24; 4, 10, 27.
100 - S. Prete, op. cit. p. 141; G. De Plinval, op. cit. p. 400.
101 - Cf. S. Prete, op. cit. p. 186; Ferguson, op. cit. p. 164.
102 - Op. cit. pp. 228-234.
103 - Denzinger, Enchiridion Simb. n. 107; nn. 804 e 833.
104 - G. De Plinval, op. cit. p. 394.
105 - Expositiones XIII epistularum Pauli, PLS I, 1137: coloro che sono contro la trasmissione del peccato cercano di confutarla nella seguente maniera... S. Agostino rispose a questi argomenti nel De pecc. mer. et rem. 3, 2, 2.
106 - Retract. 2, 33.
107 - De nat. et gr. 9, 10; 41,48; ecc. Cf. il De natura di Pelagio (frammenti), PL. 48, 599-605.
108 - De gr. Chr. et de p. o. 2, 13, 14: "Vedo che ormai mi si chiede giustissimamente di non rimandare oltre la dimostrazione promessa: se anche Pelagio la pensi proprio come Celestio. Nel primo libro della sua recente opera In difesa del libero arbitrio, da lui citata nella lettera che mandò a Roma, dice: Nessun bene e nessun male, che ci renda lodevoli o riprovevoli, nasce con noi, ma è fatto da noi...".
109 - De gr. Chr. et de p. o. 2, 6, 6: "State dunque attenti a ciò che Celestio ha detto con tanta chiarezza e ci vedrete dentro che cosa Pelagio vi abbia tenuto chiuso".
110 - G. De Plinval, op. cit. p. 394.
111 - De nat. et gr. 9, 10: "...ecco la vanificazione della croce del Cristo: sostenere che senza di essa uno può essere giustificato mediante la legge naturale e l'arbitrio della volontà" Cf. ivi, 44, 51, la solenne professione di fede di S. Agostino.
112 - II Bohlin, p. es. insiste nel triplice significato che Pelagio dava alla grazia, cioè creazione, rivelazione, remissione dei peccati, quasi che S. Agostino avesse ignorato tutto questo e non avesse insistito nel dire, al contrario, che tutto questo era vero, ma che, per salvare la fede cattolica, non bastava.
113 - Ep. 179, 3: "Di questa grazia dunque Pelagio non solo non fa alcun cenno, ma afferma anche molte cose contrarie ad essa".
114 - De nat. et gr. 44, 52-51, 59; De gr. Chr. et de p. o. 1, 4, 5.
115 - De gr. Chr. et de p. o. 1, 7, 8: "Dio infatti ci aiuta con la sua dottrina e con la sua rivelazione".
116 - Ep.188, 11-12: "Se esaminerete più attentamente le espressioni di quello scritto, vi accorgerete che - nella lettera di Pelagio a Demetriade - anche quando sembra parlare in difesa della grazia o dell'aiuto di Dio, le sue sono espressioni talmente ambigue che possono riferirsi o alla natura o all'insegnamento della rivelazione o alla remissione dei peccati ...non ammettono che siamo aiutati a poter compiere anche con amore ciò che sappiamo per esserci stato insegnato". Si vede bene da qui che S. Agostino conosceva con precisione la dottrina di Pelagio e non ne aveva affatto un'idea approssimativa che si possa assomigliare a una "caricatura"; ma batteva sempre sul punto che costituiva il cardine della controversia. Cf. Epp. 186, 10, 34-35; 177, 7-9; 178, 1-3; 179, 3.
117 - Giov. 6, 46, 66.
118 - De gr. Chr. et de p. o. 1, 10, 11.
119 - De gr. Chr. et de p. o. 1, 29, 30. La grazia di cui qui si parla s'identifica, a quanto sembra, con la grazia esterna della rivelazione e della dottrina Cf. ivi, 1, 7, 8. S. Agostino interpretando le parole nel significato più benigno, vi aggiunge questo commento: "Togli più facilmente e il senso non solo sarà pieno, ma anche sano... Aggiungendo invece più facilmente si suggerisce in sordina che il compimento dell'opera buona è possibile anche senza la grazia di Dio. È l'idea riprovata da colui che dice: Senza di me non potete far nulla".
120 - De gr. Chr. et de p. o. 1, 2, 2: "Chiunque ascolta queste parole ignorando il senso che Pelagio con sufficiente evidenza ha espresso nei suoi libri, non in quelli che dice essergli stati sottratti prima di poterli correggere o in quelli che nega assolutamente essere suoi, ma in quelli che ricorda nella sua lettera mandata a Roma, crede senz'altro che il suo pensiero collimi con il pensiero della verità". Sulla "scaltrezza" dei pelagiani nell'occultare il loro pensiero, Cf. S. Leone M. Ep. 1, 2. 3: PL 54, 594-5.
121 - De pecc. mer. et rem. 2, 5, 6: "Allontaniamo dunque dai nostri orecchi e dalle nostre menti quanti dicono che noi, una volta ricevuto l'arbitrio della volontà, non dobbiamo affatto pregare che Dio ci aiuti a non peccare"; De b. vid.; 17, 21, dove viene riportato l'argomento dei pelagiani: "Perché dovrei andare dal Signore e chiedergli una cosa che egli ha posto in mio potere?" Cf. De Plinval, op. cit. pp. 227-391.
122 - Ep. 183, 5 (tra le agostiniane): "Abbiamo letto il libro inviatoci dalla vostra Carità e che si dice scritto da Pelagio: vi abbiamo trovate molte affermazioni contrarie alla grazia di Dio, molte bestemmie, nulla che possa approvarsi, quasi nulla che non debba essere disapprovato del tutto e che non debba essere condannato e conculcato con disprezzo".
123 - Inutile, qui, tornare sul dubbio di S. Agostino intorno all'origine delle anime, dubbio che oscillò sempre, come si sa, tra il creazionismo e il traducianismo spirituale, ma che non gl'impedì di rispondere alle difficoltà contro il peccato originale nell'una e nell'altra ipotesi. Cf. p. es. C. Iul. 5, 4, 17.
124 - C. duas epp. Pel. 3, 10, 26.
125 - Ep. 166, 8, 25.
126 - In quanto a Pelagio, Cf. nota 105; G. De Plinval, op. cit. p. 150. Per l'atteggiamento di Celestio, Cf. Agostino, De gr. Chr. et de p. o. 2, 4, 3: "Celestio rispose: Quanto alla trasmissione del peccato ho già detto che fra i membri della Cattolica ho udito molti negarla e altri ammetterla".
127 - C. Iul. o. imp. 3, 91.
128 - C. duas epp. Pel. 3, 10, 26: "Alle nebbie dei loro nascondigli aggiungono i pelagiani la questione non affatto necessaria dell'origine dell'anima. Dicono infatti che noi confondiamo la trasmissione delle anime con la trasmissione del peccato. Il che dove e quando l'abbiano udito nei discorsi o letto negli scritti di coloro che difendono la fede cattolica contro i pelagiani non lo so".
129 - De mor. Eccl. cath. 1, 22, 40.
130 - De pecc. mer. et rem. 3, 4, 7.
131 - C. Iul. 6, 5, 11.
132 - Cf. C duas epp. Pel. 3, 8, 24.
133 - De pecc. mer. et rem. 2, 7, 9: "Nel battesimo, oltre alla totale e piena remissione dei peccati... non avviene immediatamente anche il passaggio totale e pieno dell'uomo... Siamo invece figli di Dio".
134 - De g. Pel. 12, 28.
135 - Cf. p. es. De nupt. et conc. 1, 23, 25; C. Iul. 2, 3, 7; C. iul. o. imp. 2, 226.
136 - Decretum super peccato originali, Denzinger, Ench. Symb. 792.
137 - Cf. C. duas epp. Pel. 1, 13, 26; 3, 3, 4-5.
138 - C. duas epp. Pel. 1, 2, 5.
139 - È la tesi del De gratia et libero arbitrio.
140 - Cf. De pecc. mer. et rem. 2, 18, 28; De gr. Chr. et de p. o. 1, 47, 52; De gr. et lib. arb. 1, 1.
141 - Cf. C. duas epp. Pel. 1, 19, 37.
142 - Cf. Epp. 214 e 215. Per questa e per le questioni toccate sotto i nn. 4, 5, 6 ci permettiamo di rimandare il lettore ad alcuni nostri studi: S. Agostino e le correnti teologiche eterodosse, in S. Agostino e le grandi correnti della filosofia contemporanea, ediz. Agostino, Tolentino 1956, pp. 221-260; Un celebre testo di S. Agostino... e Iuliano opus imperfectum, in Augustinus Magister, Paris, 1954, II, pp. 795-893.
143 - Ci si consenta anche qui di rimandare ad un nostro articolo: A proposito di predestinazione - S. Agostino e i suoi critici moderni, in Divinitas 2 (1963), pp. 243-284. Purtroppo la sentenza che attribuisce a S. Agostino la negazione della volontà divina di salvare tutti gli uomini, quando invece il s. Dottore difende insistentemente l'universalità della Redenzione, è entrata, sia pure im modo indiretto, in un'altra opera di grande divulgazione; Cf. K. Rahner - H. Vorgrimmler, Kleines Theologisches Wörterbuch, Friburgo Br. 1962, v. Semipelagianismus; com'era già entrata, direttamente, in Lexicon für Theol. und Kirche, V, 1960, col. 166.