L'Ordine agostiniano

 

L’Ordine agostiniano fu l’altra passione di P. Trapè. Ne ha scoperto, studiato, amato e illustrato con scritti e conferenze la storia, la spiritualità, il carisma, l’attualità. Per l’Ordine, per accrescerne l’affetto, l’orgoglio di appartenenza, la grandezza, il prestigio, ha speso gli anni migliori della sua vita. Ci ha dedicato il meglio di sé: l’intelligenza, l’intraprendenza, le conoscenze. Non era di quelli che riesce facilmente a cancellare la grandezza del passato, però capiva che perché sorgesse una forma nuova di vita occorreva non opporsi ai necessari nuovi sviluppi. Radicale sì, ma anche ponderato, mosso sempre da controllata lucidità.

Non ha mai cessato di salire certe scale, di ossequiare certe alte persone (cosa che in cuore ha sempre odiato), di piegarsi anche a vari compromessi (per quanto gli permettesse la sua scrupolosa coscienza), per ottenere permessi o concessioni (anche prima di altri, se era necessario per non restare bloccato).

Generoso e anche sanamente fiducioso nelle sue doti. Era pienamente convinto di dovere spendere le proprie capacità là dove esse assicuravano il maggior risultato. Raramente succedeva che si vantasse dei successi ottenuti nelle conferenze o nelle pubblicazioni o in altri impegni. Si difendeva, con chi l’accusava d’orgoglio, che faceva tutto solo per l’onore dell’Ordine, per l’orgoglio degli agostiniani.

Fu un grande entusiasta e anche un sognatore di grandi cose; bastava una premessa, un appiglio, una promessa che subito si lasciava andare a sognare progetti grandiosi. Mirabile la rapidità di penetrare e inquadrare i problemi, di organizzare il lavoro: capiva a volo un disegno, e trovava le soluzioni. Aveva sempre pensato che, volendo fermamente una meta, la si poteva raggiungere e si vantava di aver la testa più dura della pietra.

Quante volte abbiamo constatato l’avverarsi delle sue lungimiranti vedute. Quando ha avuto le possibilità, economiche o morali, e ha potuto porre mano a quanto aveva pensato e voluto, le imprese, anche le più inosabili, le ha portate a termine e rimangono gratificanti per i suoi successori.

Noi abbiamo appreso dalla sua viva voce moltissimi fatti di quel periodo del suo servizio all’Ordine, e con sorpresa e venerazione ne stiamo scorrendo i ricordi in questi giorni che proviamo a sistemare i suoi appunti, la corrispondenza, i diari, le agende, ecc. Riservato, poco disposto a confidenze personali, poche anche le lettere in cui confida le sue impressioni.

Come Priore Generale dell’Ordine Agostiniano, fedele al programma espresso nella sua prima lettera all’Ordine: « ...revisione e promulgazione delle nuove Costituzioni; promozione degli studi, specialmente quelli ecclesiastici; formazione ed incremento delle vocazioni sacerdotali e religiose; espansione con rinnovato fervore delle missioni in terra straniera; salvaguardia della vita contemplativa delle monache dell’Ordine; la preservazione, l’intensificazione e l’approfondimento dello spirito proprio dell’Ordine, secondo la mente di S. Agostino e la tradizione dei nostri Maggiori...», tenne nel 1968 a Villanova (USA) il Capitolo Generale speciale, che diede inizio all’aggiornamento dell’Ordine secondo le direttive espresse dal Vaticano II e portò alla promulgazione delle attuali Costituzioni. Promosse l’Organizzazione Agostiniana dell’America Latina di cui promulgò i primi statuti; curò i centenari di Mendel, delle Costituzioni di Ratisbona; avviò il ritorno degli Agostiniani in India e in Portogallo e la ripresa dell’Ordine in Polonia; promosse la fondazione delle missioni in Perù e in Argentina; sollecitò la collaborazione delle Province religiose della stessa lingua; incrementò le relazioni con le monache e le suore e creò l’USMAI (Unione Superiori Maggiori Agostiniane d’Italia), validissimo ausilio a tale compito.

 

Alla fine del servizio di Generale dell’Ordine, scriveva:

 

24 settembre 1971

 

...Vorrei pregarLa inoltre, Eccellenza, di volere esprimere al Santo Padre i sentimenti della mia commossa gratitudine per l’udienza pontificia (concessa al Capitolo Generale dell’Ordine Agostiniano), per il discorso, ricco di sapientissimi insegnamenti e, in particolare, per le tanto benevoli parole dette nei riguardi della mia umile persona. Voglia assicurare Sua Santità che, restituito ormai felicemente ai miei studi, continuerò a servire umilmente la Chiesa soprattutto col diffondere e illustrare il pensiero di sant’Agostino, tanto caro al Santo Padre...

 

A chi era sicuro che l’avrebbe compreso e aiutato scriveva:

 

Le chiedo di raccomandare al Signore il mio povero me, che termina il suo mandato con la gioia di avere speso tutto ciò che aveva e tutto se stesso a favore dell’Ordine, che ha amato tanto, che ama tanto e che, fiducioso nella grazia del Signore, amerà tanto...

 

Il preludio a queste parole l’aveva già confidato anni prima:

 

Ho appreso lo svolgimento e l’esito del Capitolo. Confido che nel libero giuoco delle volontà umane, si sia compiuta la volontà di Dio, quella che approva e benedice.

In quanto a lei, mi permetta di congratularmi. Non creda che con ciò ceda all’impulso d’una spiritualità ingenua ed irreale. Lo so che in certe cose v’è spesso, o nella sostanza o nel modo, qualcosa di meno bello, di meno simpatico, di forse amaro, che tocca le fibre del cuore, che non sono di osso. Ma quest’aspetto umano, quando c’è, assomiglia a una cortina di nebbia, che bisogna superare per giungere all’azzurro puro del cielo. Certo il S. P. Agostino la invidierebbe, egli che desiderava tanto, e non poté mai lasciare le cure del governo per dedicarsi esclusivamente allo studio, alla preghiera, alla contemplazione: per questo portò nel cuore una ferita che non si rimarginò che con la morte. Rilegga sant’Agostino e imparerà a pensare e ad amare con lui, che non è poco, né di poco vantaggio.

 

Nella sua ultima lettera all’Ordine sottolineava:

 

Ci accorgiamo ora che che questa lettera, che voleva essere breve, è diventata molto lunga. Eppure non abbiamo detto che una piccola parte di quanto la spiritualità agostiniana ci suggerisce. Voi sapete che noi l’amiamo, e non da oggi soltanto, come una genuina e splendida interpretazione della spiritualità evangelica.

 

Alla fine del suo generalato in un biglietto:

 

Ho cominciato tremando

ho continuato soffrendo

termino sperando: sperando nella comprensione dei Fratelli e nella misericordia di Dio.

   

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