Elezione

 

Hisce actis, Exc.mus Praeses declaravit se non usurum suffragandi iure. Ac illico collocata fuerunt ordinatim a Patribus, per schedam manu scriptam, suffragia. Facto ac promulgato tertio scrutinio, compertum est retulisse suffragia:

 

Adm. R. P. Augustinum Trapè 37

Adm. R. P. Athanasium van der Weijden 27

Adm. R. P. Lucam Hoogveld 1

Adm. R. P. Sallustianum Miguélez 1

 

ac proinde maioritatem absolutam suffragiorum retulisse Adm. R. P. Au­gustinum Trapè, qui a primo inter Scrutatores annuntiatus sollemniter fuit.

Reverendissimus Pater officium humiliter acceptans his verbis Patres Capitulares allocutus est: «Venerabiles Patres: Cum in suffragio vestro, ipso confirmante Exc.mo Praeside Capituli, nonnisi divinae voluntatis signum videre queam, nihil mihi superest nisi collum supponnere oneri portando, quod humeris meis imponere voluistis, quia servus Domino contradicere non debet. Haec verba resonarunt in animo S. P. Augustini cum presbyteratum accipere coactus est; eadem nunc resonant in animo meo.

Servus Domino contradicere non debet. Servus quidem inutilis, sed Deus potest suscitare de lapidibus filios Abrahae.

Quamvis, igitur, plane noverim et sentiam debilitatem, infirmitatem, indignitatem meam, tamen ne divinae obsistam voluntati, Dei misericordia fretus, quam intercedentibus Beata Virgine Maria, Consolationis Matre, S. P. Augustino et omnibus sanctis Ordinis nostri, humiliter imploro, necnon vestra fretus actuosa et fraterna cooperatione, officium accepto. Deus me adiuvet! ».

Statimque ad nutum Exc.mi Praesidis, professionem fidei catholicae et iuramentum contra modernismum, ad sancta Dei Evangelia genuflexus, in manibus eiusdem Exc.mi Praesidis ernisit. His peractis, Exc.mus Praeses electo coram se genuflexo sigillum Ordinis tradidit eumque declaravit Supremum Ordinis Sancti Augustini Moderatorem.

De huiusmodi electione, ad normam can. 171 § 5 C.I.C., speciale Instrumentum redactum est, in archivo Ordinis asservandum, quod quidem subsignarunt Exc.mus Praeses Capituli, quattuor Scrutatores et Ordinis Secretarius.

 

Lettera dell’Ecc.mo P. Paolo Philippe, OP., Segretario della Congregazione dei Religiosi e Preside del Capitolo Generale, all’Ecc.mo D. Angelo Dell'Acqua, Sostituto della Segretaria di Stato di Sua Santità, perché Ella possa portarlo a conoscenza del Santo Padre, che nel Capitolo Generale dei Padri Agostiniani, che ho l'onore di presiedere, il Rev.mo P. Agostino Trapè è stato eletto Priore Generale dell’Ordine.

 

 

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CURIA GENERALIZIA AGOSTINIANA

Via S. Uffizio, 25 - Roma (640) 8

Roma, 26 agosto 1965

 

Eccellenza Reverendissima,

mi pregio di comunicare all'Eccellenza Vostra Reverendissima, perché Ella possa portarlo a conoscenza del Santo Padre, che nel Capitolo Generale dei Padri Agostiniani, che ho l'onore di presiedere, oggi stesso, il Rev.mo P. Agostino Trapè, noto teologo, è stato eletto Priore Generale.

Ne sono personalmente assai contento perché c'è da augurare dal suo Generalato un vero impulso dell'Ordine.

Scusandomi per l'affrettare di questa lettera, mi valgo della circostanza per confermarmi, con sensi della più profonda stima.

dell'Eccellenza Vostra Reverendissima

devotissimo nel Signore

 

A Sua Eccellenza Reverendissima

Mons.ANGELO DELL'ACQUA

Arcivescovo Tit. di Calcedonia

Sostituto della Segreteria di Stato

di Sua Santità

Città del Vaticano

 

 

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Risposta dell’Ecc.mo D. Angelo Dell'Acqua alla lettera dell’Ecc.mo P. Paolo Philippe, riportata sopra.

 

SEGRETERIA DI STATO DI SUA SANTITÀ

Dal Vaticano, 1 settembre 1965

 

Eccellenza Reverendissima,

mi è regolarmente pervenuta la pregiata lettera dell'Eccellenza Vostra Reverendissima del 26 corrente mese, con la quale Ella comunica l'elezione del Rev.mo Padre Agostino Trapè a Priore Generale dell'Ordine di S. Agostino.

E' stata mia premura portare la notizia dell'avvenuta elezione a conoscenza del Santo Padre, il Quale Se ne è vivamente rallegrato ed ha espresso l'augurio che il nuovo Priorato possa essere fecondo di benedizioni e di grazia per il benemerito Ordine Agostiniano.

Profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio di Vostra Eccellenza Rev.ma devotissimo

A Sua Eccellenza Reverendissima

Mons. PAOLO PHILIPPE

Segretario della Sacra

Congregazione dei Religiosi

 

 

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Parole di saluto del Rev.mo P. Generale Agostino Trapè rivolte al Santo Padre Paolo VI nell’udienza concessa ai PP. Capitolari concessa, il 30 Agosto 1965, nella Sede Pontificia di Castel Gandolfo.

 

Beatissimo Padre,

I Capitolari dell'Ordine di S. Agostino, convenuti a Roma per celebrare il loro 156° Capitolo Generale, profondamente grati per essere stati accolti nella casa del Padre comune, tramite la mia umile voce, porgono alla Santità Vostra, Vicario di Cristo e loro Superiore supremo, il commosso omaggio di figli devoti, mentre rinnovano la promessa di pronta e generosa obbedienza e implorano l'Apostolica Benedizione, felicissimi se la Santità Vostra vorrà illuminare i loro lavori e confortare i loro propositi con la Sua augusta parola.

Il Capitolo Generale non intende solo provvedere all'elezione dei Superiori, ma, insieme, all'aggiornamento della vita religiosa secondo le direttive impartite dalla Santità Vostra nell'Allocuzione del 23 maggio dell'anno scorso, che contiene, oltre le norme generali, il riferimento alle norme proprie di ogni Istituto.

Queste per noi sono due: la Regola monastica di S. Agostino, illustrata dalla sua feconda dottrina spirituale, e le tradizioni dell'Ordine, da quando, nel secolo XIII, i Sommi Pontefici gli diedero la forma attuale.

Fu allora che i nostri Padri, seguendo la voce del Vostro Predecessore Alessandro IV, lasciarono la solitudine degli eremi e si misero a totale disposizione del Vicario di Cristo per le opere dell'apostolato, diventando un Ordine mendicante, impegnato, come gli altri, nelle opere della contemplazione e dell'azione.

A ciò li spinsero l'esempio e la dottrina monastica del loro Padre e Maestro, il Vescovo d'Ippona.

 

 

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Beatissimo Padre,

Interrompendo i nostri lavori capitolari ci siamo recati in pio pellegrinaggio, avanti ieri, alla tomba di S. Agostino a Pavia, dove abbiamo avuto la gioia di trovare ancor vivo il ricordo della visita fatta colà dalla Santità Vostra quando era Arcivescovo di Milano.

Abbiamo voluto questo pio pellegrinaggio, nonostante la lunga distanza, per ritemprare i nostri propositi di fedeltà, nell'opera di aggiornamento e nella vita quotidiana, agli insegnamenti del Vescovo d'Ippona alla cui «perenne attualità», la Santità Vostra, ancora Arcivescovo di Milano, in uno scritto con tanta bontà a me diretto, diceva di pensare sempre.

Su questi propositi scenda confortatrice, Padre Santo, l'Apostolica Benedizione.

Benedite l'umile Superiore Generale dell'Ordine, perché sia sempre fedele e premuroso, come si propone di essere, nel trasmettere ai suoi Religiosi e nel fare eseguire i voleri, le direttive, i desideri della Santità Vostra; benedite i Padri capitolari e tutto l'Ordine insieme alle nostre Monache di clausura, che nella solitudine dei monasteri pregano tanto, con tutti noi, per il felice esito del Concilio e le auguste intenzioni di Vostra Santità.

 

 

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Esortazione del Sommi Pontefice a PP. Capitolari, il 30 Agosto del 1965, nell’udienza a loro concessa nella Sede Pontificia di Castel Gandolfo.

 

Diletti figli.

l'animo Nostro si apre al più cordiale saluto, nell'accogliere in voi i degni rappresentanti dell'Ordine di S. Agostino. Siete convenuti a Roma dalle venticinque Provincie e dalle varie circoscrizioni minori, in cui si articola l'Ordine, per celebrare il Capitolo Generale. Sappiamo che siete reduci dal significativo pellegrinaggio alla cara e indimenticabile Basilica di S. Pietro «ad Caelum Aureum », in Pavia, cuore e centro dell'Ordine agostiniano, ove, riuniti « in un cuor solo e un'anima sola », avete venerato le sacre ossa del grande Vescovo di Ippona, iniziatore della vostra Famiglia, invocando la sua intercessione sui lavori, che avete iniziato per il sempre più luminoso e proficuo cammino dell'Ordine. E ora, quasi a concludere spiritualmente il vostro itinerario, nel riprendere le laboriose consultazioni e deliberazioni capitolari, avete desiderato di portare la testimonianza della vostra devozione al Vicario di Cristo, a Colui che, pur umilmente conscio della imparità delle proprie forze al gravissimo incarico, rappresenta autenticamente l'invisibile Capo della Chiesa, e continua nel succedersi del tempo l'alta missione conferita a Pietro dal Salvatore.

In questo atto significativo, che stabilisce visibilmente uno stretto rapporto tra la vostra filiale devozione al grandissimo Padre dell'Ordine, e il vostro forte e virile attaccamento al Principe degli Apostoli, Ci piace vedere sottolineata ancora una volta la particolare fisionomia della famiglia agostiniana: cioè la sua fedeltà alla Chiesa, che per voi, secondo le parole dell'antico vostro confratello Giordano di Sassonia, è come una Madre: « Gloriosa… dicta sunt de propagatione tua, quam olim habuisti a Patre, scilicet beato Augustino; gloriosiora vero dicta sunt de institutione tua, quam habes a Matre, scilicet sancta universali Ecclesia» (Vitasfratrum lib. 1, 19; ed. Arbesmann‑Hümpfner, New York 1943, p. 67).

Vi ringraziamo dunque della vostra presenza; ringraziamo il P. Agostino Trapè, eletto Priore Generale dell'Ordine, per le sue fervide parole, dalle quali abbiamo appreso con viva consolazione quali siano i vostri intenti e i vostri propositi, nel tenere il Capitolo Generale, mentre inviamo il Nostro reverente saluto al P. Luciano Rubio, compiacendoCi per l'opera da lui svolta per il bene dell'Ordine, e per la preparazione dei lavori capitolari. La nobile e pastorale ansia di spirituale rinnovamento, che, sotto l'influsso dei Divino Paraclito, ha pervaso la Chiesa in questa epoca del Concilio Vaticano II, ispira i vostri lavori. Ve ne esprimiamo il Nostro compiacimento; vi incoraggiamo col Nostro augurio; vi sosteniamo con la Nostra preghiera. E poiché, con fiduciosa aspettativa di figli, voi desiderate ascoltare la Nostra parola, siamo lieti di affidarvi alcune considerazioni ed esortazioni, che servano di orientamento ai lavori capitolari, e vi facciano meglio comprendere il paterno affetto, nutrito di stima e di rispetto, che abbiamo per voi.

 

1) Anzitutto è necessario confermare il senso vero ed autentico della vita religiosa, intesa come Christi sequela, secondo gli esempi e le parole di Lui: « Qui vult post me venire, abneget semetipsum, et tollat crucem suam et sequatur me» (Mat 16, 24). Quasi a commento di queste parole, S. Agostino, col suo stile inimitabile e trascinatore, delinea l'ideale della vita consacrata a Cristo, facendo così parlare lo stesso Salvatore Divino: « Ista est via: ambula per humilitatem, ut venias ad aeternitatem. Exemplum dedi tibi: esurivi, sitivi, fatigatus sum, dormivi, comprehensus sum, caesus sum, crucifixus sum, occisus sum» (Serm. 123, 3). « Omnia bona terrena contempsi, ut contemnenda monstrarem; et omnia terrena sustinui mala, quae sustinenda praecipiebam: ut neque in illis quaereres felicitatem, neque in istis timeres infelicitatem... Pauper etiam factus sum, qui creavi omnia; ne quisquam cum in me crederet, de terrenis divitiis auderet extolli. Nolui rex ab hominibus fieri; quia humilitate ostendebam viam miseris, quos a me superbia separaverat: quamvis sempiternum meum regnum universa creatura testetur. Esurivi, qui omnes pasco, sitivi, qui creavi omnem potum, et qui spiritaliter panis sum esurientium fonsque sitientium » (De cat. rud. 22).

Povertà, umiltà, mortificazione: questa è stata la linea costante della vita del Salvatore; questo il cibo quotidiano, fare la volontà di Dio (cfr. Io 4, 34); e questa è la linea, che deve abbracciare colui che vuol seguire più fedelmente e più da vicino il Cristo nella vita religiosa.

Ciò esige una profonda vita spirituale, continuamente coltivata nel silenzio, nel distacco dal mondo, nella meditazione, nello studio, nella preghiera; esige una effettiva pratica dei consigli evangelici, come sono proposti dalla secolare disciplina religiosa e monastica dei tre voti di povertà, castità e ubbidienza: «consilia enim ‑ secondo le sapienti parole della Costituzione Dogmatica De Ecclesia del Concilio Ecumenico Vaticano II ‑ secundum cuiusquam personalem vocationem voluntarie suscepta, ad cordis purificationem et spiritualem libertatem non parum conferunt, fervorem caritatis iugiter excitant et praesertim ad genus vitae virginalis ac pauperis, quod sibi elegit Christus Dominus, quodque Mater Eius Virgo amplexa est, hominem christianum magis conformare valent» (n. 46).

A questa volonterosa imitazione di Cristo deve tendere anche l'umile puntuale osservanza della Regola, autorevolmente ricondotta al suo spirito, e opportunamente confermata e modificata: e l'aggiornamento, richiesto dalle nuove esigenze dei tempi, deve appunto facilitare nella nostra epoca questo conformarsi dei singoli religiosi sul divino Modello. Non si tratta certo di un aggiornamento, che vuol adeguarsi al secolo, ma di una ricerca amorosa e sincera di tutto ciò che stimoli ed aiuti a prolungare più fedelmente nel mondo la presenza di Cristo, spesa per la gloria del Padre e per la salvezza dei fratelli.

Questo principalmente richiedono gli uomini d'oggi al religioso, al di là delle loro severe esigenze, al di là delle critiche, al di là delle stesse opposizioni: e bisognerà dire che l'ostilità di qualcuno è forse inconsciamente il grido di chi, incontrando sul suo cammino terreno un'anima consacrata a Dio, non è riuscita a scorgere in lui il Cristo, come pure anelava dal fondo del cuore.

 

2) Per tale scopo, è necessario avere il senso dei veri bisogni, delle attese, delle necessità del mondo ‑ non dei costumi e della mentalità del mondo ‑ per meglio considerare e studiare come il Religioso possa servire alla sua redenzione e alla sua prosperità. E' chiaro che la prosperità temporale non deve essere posta come bene supremo della vita: e in questo, il Religioso ha la grande responsabilità di mostrare al mondo l'ideale della povertà evangelica, il tipo di cristiano perfetto, l'anticipazione escatologica del Regno di Dio sulla terra: infatti la speranza dell'uomo non deve essere fermata ansiosamente e rapacemente nel tempo, ma deve essere perseguita la speranza trascendente del fine ultimo, nella ricerca di ciò che definitivamente permane al di sopra di ciò che, caduco e fragile, passa.

Questo Ci pare sia il più urgente ed attuale valore di «segno», che la vita religiosa è chiamata a presentare davanti alla comunità dei fedeli: poiché se la professione dei consigli evangelici si trova al punto più alto dell'esercizio della vita cristiana, deposta in germe nei S. Battesimo e sviluppata con l'organismo sacramentale e con la fedeltà alla grazia di Dio, è chiaro che quanti ad essa si consacrano debbono brillare davanti ai loro fratelli per il distacco totale dalle terrene realtà, per l'adesione generosa e lieta agli impegni assunti nel Battesimo e nella Cresima, per la testimonianza vissuta, data a Cristo e al suo Regno di verità, di santità, di amore.

E' l'insegnamento luminoso del Sacro Concilio: «Cum enim populus Dei hic manentem civitatem non habeat, sed futuram inquirat, status religiosus, qui suos asseclas a curis terrenis magis liberat, magis etiam tum bona caelestia ian in hoc saeculo praesentia omnibus credentibus manifestat, tum vitam novam et aeternam redemptione Christi acquisitam testificat, tum resurrectionem futuram et gloriam Regni caelestis praenuntiat » (n. 44).

Oh, certo, non per questo il Religioso dimentica il mondo né è indifferente all'ansia, al dolore, alle attese del mondo per una maggiore giustizia, e libertà, e carità: «nam ‑ è ancora il Concilio a sottolinearlo ‑ etsi quandoque coëtaneis suis non directe adsistant, profundiore tamen modo in visceribus Christi praesentes habent atque cum eis spiritualiter cooperant, ut aedificatio terrenae civitatis semper in Domino fundetur ad Ipsumque dirigatur » (n. 46).

Questa matura consapevolezza del posto, che la Chiesa assegna ai Religiosi nel mondo, e l'incarico che ad essi affida di esserne i vigili interpreti presso Dio delle spirituali e anche materiali necessità, e le sentinelle attente all'albeggiare dell'eterna luce, deve rendervi sempre più sensibili alla grandezza, alla responsabilità, al compito esaltante della vostra vocazione.

 

3) Noi Ci attendiamo infine che sappiate approfondire insieme il senso della Chiesa, quale l'ha presentata in luminosa sintesi ii Concilio Ecumenico, e Noi stessi da anni Ci sforziamo di illuminare e di far penetrare a quanti, sacerdoti e fedeli, si accostano a Noi nelle Udienze Generali.

Sappiamo di trovare in voi, figli ed eredi di S. Agostino, la più franca e aperta rispondenza su questo punto alto e delicato.

Come abbiamo all'inizio sottolineato, l'Ordine Agostiniano brilla nei secoli per la sua fedeltà alla Chiesa, che esso venera e celebra come una madre. E' lo spirito del fondatore chz tuttora insegna con possente vigore: «Ama Ecclesiam Catholicam, ama Ecciesiam Christi, et, amando Ecclesiam Christi, accipis Spiritum Sanctum, si caritate compaginaris, si catholico nomine et fide gaudes» (In Io. Ev. tr. 7) ». «Ama Dominum Deum tuum, ama Ecclesiam eius: illum sicut Patrem, istam sicut matrem... Nemo dicat: Peccata non committo; sed tamen in Ecclesia non sum. Quid tibi prodest non offensus Pater, qui offensam vindicat matrem? Quid prodest si Dominum confiteris, Dum honoras, ipsum praedicas, Filium eius agnoscis, sedentem ad Patris dexteram confiteris, et blasphemas Ecclesiam eius ? » (Enarr. in ps. 88, 14).

Per questa disposizione delicata e filiale bisogna professare fedeltà al pensiero e alle norme della Chiesa, evitando certi atteggiamenti critici e riformatori delle dottrine tradizionali, delle consuetudini venerande, delle strutture fondamentali e auguste della compagine ecclesiastica; evitando altresì certi presunti ritorni alle fonti, come si asserisce, che vogliono giustificare uno spirito insofferente di disciplina, sovvertire l'insegnamento della Chiesa, convalidare certi orientamenti naturalistici, che svuotano le anime e le istituzioni del genuino spirito di Cristo.

Noi siamo certi che il vostro Ordine, non solo saprà mantenersi immune da queste pericolose attrattive, ma, approfondendo sempre di più, alla luce della dottrina agostiniana, nello spirito delle sue Regole, la propria adesione alla Chiesa, ne saprà fare davanti al mondo il programma esemplare, l'impegno costante, il vessillo splendente. Salga ancora dalle vostre bocche l'inno commosso di S. Agostino, nel quale è tutta la sua anima ardente di amore verso la Chiesa: «O Sancta Catholica Ecclesia, mater Christianorum verissima, ...tu tempum aeterni regis quod est in unitate: non ruinosum, non discissum, non divisum. Lapides tui lapides vivi, fideles Dei, et iunctura lapidum viventium tuorum caritas est» (cf. De mor. Eccl. Cath. 30; Enarr. in ps.  44, 32).

 

Diletti figli.

Con questa consegna di amore alla Chiesa, con questo augurio di unità, con questo incoraggiamento alla carità, Ci è caro accompagnare i lavori del Capitolo Generale dell'Ordine Agostiniano. Li avvalora la Nostra preghiera, affinché la luce dello Spirito Santo illumini le vostre menti, riscaldi i vostri cuori, affinché dalle congiunte decisioni, l'Ordine attinga il necessario impulso per proseguire nella sua via luminosa in seno alla Chiesa, con la sapienza dei suoi studi, con la generosità del suo ministero, con la testimonianza della sua fede.

Pegno dei continui aiuti del Cielo, e conferma della Nostra benevolenza vuol essere l'Apostolica Benedizione, che di cuore impartiamo al degno Priore Generale, a voi Padri Capitolari ed a quanti qui rappresentate, i Confratelli dell'intero Ordine, sparsi nel mondo nel nome dell'obbedienza, con particolare riguardo ai missionari, ed a quelli che soffrono in qualsiasi modo propter iustitiam; la estendiamo altresì alle ottime Monache Agostiniane, dedite alla vita contemplativa come fiamme alimentate dall'amore; ai membri del Terz'Ordine regolare, agli alunni delle vostre scuole ed Università: affinché tutti siano radicati nella carità di Cristo, che è nostra speranza, nostra fortezza, nostro aiuto: «spes enim ipse est, fortitudo ipse est, adiutorium cum laboramus, ipse est » (cfr. Enarr. in ps.  3, 32, 23). Amen, Amen.

 

 

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Omelia del Cardinale Giovanni Cicognani, Protettore del nostro Ordine, tenuto a Pavia, nel giorno della festa di S. Agostino, nella  basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, ai PP. Capitolari.

 

Vi ha un particolare nell'iconografia di S. Agostino, raro, molto raro nella figurazione dei Santi; lo si raffigura talora con il suo cuore fiammante.

Questa pecularietà è una caratteristica indicativa della spiccatissima personalità di S. Agostino, il quale parlò e scrisse, con la più veemente dovizia, sui suoi amori: Iddio, Gesù Cristo, la Chiesa.

Per un Dottore della Chiesa così insigne, maestro nei secoli, autore di tante opere, si penserebbe ad un simbolo che si riferisce a luce intellettuale, come il sole lucente sul petto per S. Tommaso d'Aquino, Dottore altrettanto sommo; ciò però che distingue il Vescovo d'Ippona è il palpito della carità, che pulsa intenso, ardente in tutti i suoi scritti, dalla profondità dei Trattati alla vivacità dei Commenti, sempre in sintonia con una scienza profonda, filosofica e teologica, che diviene sapienza, sotto la illuminazione della Grazia, capace così di partecipare universalmente, a tutti gli uomini che si susseguono nei tempi, saporosi frutti di edificazione cristiana.

Agostino è maestro di vita spirituale a quanti si dedicano e si consacrano all'apostolato e alla causa della Chiesa, come hanno ben dimostrato, lungo i secoli, i maestri di spirito che hanno tributato una incondizionata ammirazione al suo pensiero ascetico, ed in primo luogo quanti hanno seguito la sua scuola e vocazione religiosa, accettando cioè la Regola monastica.

Voi, figli prediletti, che ne portate il nome e costituite quell'Ordine Religioso, il quale, come ha detto Papa Pio XII, «jure meritoque heres est religiosae familiae ab ipso sancto Augustino conditae» siete in grado di apprezzare nel senso più alto, tra le tante famiglie religiose che nascono dallo stesso spirito, il valore genuino ed universale dell'interpretazione agostiniana della creazione nuova arrecataci da Cristo.

Siamo qui raccolti, davanti alle Sacre Spoglie del Santo, ansiosi di attingere da Lui, come se fosse a noi presente, qualche illuminazione ai nostri spiriti, la quale si risolva in soave vigore di operosa costruzione della nostra elevazione personale. Ed aleggiando tale spirito di accolta familiare, ci sovvengono al pensiero altri momenti di più intimo contatto della famiglia agostiniana con il loro Padre e Maestro.

Il primo di tali momenti è del lontano 1327, quando il grande Pontefice Giovanni XXIII vi concedeva di fondare un monastero qui, presso la tomba di S. Agostino, con questa significativa motivazione: «Riteniamo giusto e conveniente, che Voi, uniti come membra al capo, figli al Padre, discepoli al maestro, soldati al condottiero, giubiliate dal più profondo del cuore, sostenuti dall'Autorità Apostolica, là dove sapete che sono sepolte le reliquie praeceptoris vestri, patris, ducis et capitis Augustini ».

E' un'ora di profonda felicità per l'intera vostra famiglia a cui fa eco in epoca molto più recente, quella in cui l'immortale Pontefice Leone XIII, nell'anno 1900, dispose, che le reliquie di S. Agostino fossero restituite a questa risplendente Basilica dove le aveva riposte il re longobardo Liutprando, e affidate di nuovo alla vostra custodia: «cum Eremitae Ordinis Sancti Augustini, suo quodam jure reliquias patris sui legiferi reposcat».

Attimi di gioia familiare, che noi vogliamo richiamare in questo momento, con spirito di figli, mentre ascoltiamo, nell'alveo di una tradizione gioiosa, gli insegnamenti del Padre che per qualche istante ci vede radunati intorno a Sè in venerazione ed in amore.

Il perno centrale su cui s'incardina la dottrina teologica e la via ascetica del grande Dottore, è la verità seguente: Dio è nostro fine ed è il fine di ogni realtà, per cui a Dio è indirizzato il nostro palpito di vita e da Lui discende ogni ragione di felicità nostra, come ebbe a dire l'allora Cardinale Montini, sotto le volte di questo stesso tempio, nell'aprile 1960: «Tutta la vita, tutta la dottrina, tutta l'esperienza di Agostino, si può riassumere in una ricerca appassionata di Dio, di Dio verità, di Dio beatitudine, di Dio vita».

Non v'è chi non ricordi le celebri parole poste quasi a tema dell'opera immortale delle Confessioni: «Domine, fecisti nos ad Te, et inquietum est cor nostrum, donec requiescant in Te» (Confess. 1, 1, 1).

E' dunque dovere imprescindibile e bisogno inestinguibile dello spirito acquistare e raggiungere la conoscenza di Dio, come Egli esprimeva nella sua profonda aspirazione: «noverim me, noverim te» (Solil 2, 1, 1); conoscenza che dalle prime intuizioni dello spirito arriva fino alla contemplazione mistica della Verità suprema con tutte le ridondanze beatificanti della Sapienza che è l'ultimo grado, il perfettissimo, di tale percezione intellettiva di Dio, anticipazione di quella celeste: «Sapientia igitur plenitudo» (De b. vita, 4, 32). Come dice infatti S. Giovanni la pienezza di questa conoscenza è l'essenza stessa della vita eterna: «Questa è la vita eterna, che conoscano Te, solo vero Dio, e Gesù Cristo che hai mandato» (Gv 17, 3).

Questo conoscere però poggia su di un presupposto, quello di vivere in una intimità di preghiera e di affetto con Dio, nell'amoroso desiderio di raggiungerlo, perché vi è un'osmosi tra intelligenza e volontà, pensiero ed azione, conoscenza ed amore, non si può conoscere Dio se non si ha l'ansia di venire in contatto con Lui attraverso la preghiera, e l'amorosa invocazione.

Agostino c'insegna ancora la via per raggiungere tale suprema sapienzale conoscenza e ne indica la direzione e le tappe: «In interiore homine habitat veritas» (De vera rel. 39, 7), rientra perciò in te «in te ipsum redi» e troverai allora, impressa nella tua interiorità spirituale, e cioè nell'anima, la Verità, che è eterna.

L'uomo è naturalmente disposto a ritrovare se stesso, nel senso più essenziale ed ontologico, nell'interiorità di sè, nell'evidenza che l'anima ha di se medesima, e se in questo cammino interiore l'uomo s'inoltra, allora esso ascende ad orizzonti sempre più vasti, si arricchisce di evidenze soprannaturali, scopre cioè in sè la presenza di Dio.

Ciò non fa meraviglia, anzi risponde ad uno sviluppo necessario della coscienza, proprio sulla base di oggettiva realtà, perché l'uomo è immagine di Dio, Dio Uno e Trino, cosicché egli porta con sè, già su questa terra, una scintilla della divinità, che in cielo raggiungerà lo sviluppo definitivo in virtù della illuminazione gloriosa.

Il richiamo alle sorgenti e alle ricchezze dell'interiorità, che ci viene dal pensiero di Agostino, è ben messo in evidenza dagli accenti finali, pieni di esaltazione, del discorso del Santo Padre già sopra citato: «Richiamaci, o S. Agostino, a noi stessi; insegnaci il valore e la vastità del regno interiore; ricordaci quelle tue parole: per mezzo dell'anima mia io salirò (Confess. 10, 7); metti anche nei nostri animi la tua passione: «O Verità, o Verità, quali profondi sospiri salivano… verso di Te, dall'intimo dell'anima mia» (Confess. 3, 6)».

Alla conoscenza di Dio ci porta la stessa creazione, il sole e le stelle, la voce ammaliante di ogni creatura; e quanto fosse sensibile a questo richiamo Agostino, lo indica la pagina mirabile delle Confessioni che ci manifesta il Santo con sua Madre, ambedue contemplanti con tutto lo slancio del cuore «toto ictu cordis» il cielo sul lido di Ostia; e l'altra che riporta la sospirante ricerca di Dio da parte del Santo: «interrogai la terra... interrogai il mare... interrogai l'aria... interogai il cielo...; mi risposero: non siamo noi il tuo Dio, cerca sopra di noi.., allora a tutte le cose che stanno intorno a me...: ditemi almeno qualcosa di Lui. E tutte gridarono a gran voce: Egli ci ha fatte» (Confess. 10, 6, 9).

La creazione ci rivela Dio nella sua potenza e nella sua bontà, nella sua magnificenza e provvidenza.

 

Ma anche la virtù, specialmente la virtù soprannaturale, reca con sè la luce rivelatrice di Dio: I «lumina virtutum» sono come una emanazione di Dio Padre e creatore, doni che si identificano con la carità illuminante, in maniera che l'anima posseduta da essi apprende e va sviluppando il suo senso divino, eleva la sua aspirazione ed i suoi affetti, perfeziona la sua somiglianza con Dio.

Vi ha di più per acquistare la conoscenza di Dio: l'opera di Cristo Redentore in noi «habemus... intus Magistrum» (In Io. Ev. tr. 20, 4). Luce spiendidissima e forza potentissima si sprigionano dal Cristo, Re immortale dei secoli che ci illumina col suo Vangelo, con la rivelazione soprannaturale della sua parola, Egli che è la Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo.

Il Vangelo, in particolare quello di S. Giovanni, il Cantore mistico dell'Amore, divenne familiare al Santo in ogni sua espressione, tanto da attingervi i quotidiani e concreti incrementi di vita.

In quelle letture e meditazioni l'amore di Dio occupava mente e cuore e si dilatava in concentriche spirali fino ad abbracciare il Pleroma, il tutto dell'essere, perché - diceva - «non potest separari dilectio» (In Io. Ep. tr. 10, 3), l'amore non si può separare: chi ama Dio ama Gesù Cristo, ama la Chiesa, ama il prossimo, gli uomini tutti. Questi infatti sono membra di un sol corpo, quello di Cristo: «estendi il tuo amore a tutto il mondo - esclama con mirabile impeto apostolico il S. Dottore - se vuoi amare il Cristo, poiché le membra di Cristo sono sparse per tutto il mondo: se ami una parte sola, sei diviso; se sei diviso, non sei nel corpo; se non sei nel corpo, non sei sotto il Capo » (In Io. Ep. tr. 10, 3).

Un amore così unitario ed universale non ha nulla a che vedere con l'amore del mondo che è cupidità tormentosa e vana; quello è carità, adempimento del grande, primo, sommo comandamento dell'amore di Dio e del prossimo.

Altro orizzonte che ci conduce alla conoscenza di Dio, alla scoperta della sua azione nel mondo, è quello indicato e sondato dal grande maestro, con sublimità di pensiero e intuizione eccelsa, nel De Civitate Dei, la storia cioè del genere umano che si articola secondo un piano provvidenziale, un disegno preordinato da Dio, al di sopra delle galleggianti vicissitudini dei tempi, dominato dall'idea centrale della salvezza impersonata da Cristo.

 

L'eccelsa dottrina di S. Agostino e la sua santità sono una sublime affermazione di amore verso Iddio, e ci dimostrano con l'evidenza concreta di una completa dedicazione che Iddio è la sorgente della vita di ogni vita, «causa subsistendi», essendo il Creatore; «ratio intelligendi», avendo Egli dato all'anima umana il potere di pensare, di amare, di divenire suo tempio; ed infine Dio è «ordo vivendi», essendo norma di ogni nostra manifestazione vitale che diviene così morale in quanto esprime interiormente quell'ordo, che se vissuto da tutti, tutti ci avvicina in maniera di formare un unico tempio di Dio, con Cristo, un'anima sola, «anima Christi», tempio di verità e di amore (cfr. Ep. 243, 4).

Dio interiorizzato così all'uomo da essere la ragione ultima di tutto il suo vivere e anche l'oggetto di tutto il suo amore; e qui il Santo sembra identificarsi con questo amore stesso che diviene la più vera ed essenziale espressione del proprio essere: «pondus meum, amor meus; eo feror quocumque feror» esclama il Santo Dottore, e continua: « il tuo Dono c'infiamma, e siamo portati in alto. Ardiamo e andiamo. Saliamo le ascensioni del cuore, cantando il cantico delle ascensioni. E' il fuoco, il tuo fuoco santo che c'infiamma; e noi andiamo su, verso la pace di Gerusalemme...

Soleva dire Agostino che chi ha Dio per Padre deve avere la Chiesa per madre, e vi è nota la sua ardente esortazione: «amemus Dominum Deum nostrum, amemus Ecciesiam eius: illum sicut Patrem, istam sicut matrem... nemo offendit unum et promeretur alterum» (Enarr. in ps. 88, 2, 14).

Non si può perciò non ricordare la Chiesa parlante di un Dottore che «ha avuto più di tutti gli altri l'intuizione affettuosa della presenza e dell'azione di Dio nella Chiesa» (Battifol). Sì, la teneva per madre, e questo nome di madre attribuito alla Chiesa, lo commoveva e gli suscitava profonda gratitudine.

Madre e Maestra, che custodisce la parola di Dio, la S. Scrittura, e ci assicura della verità col suo magisterio; clero e fedeli formano e sono la Chiesa ed essa è il vincolo della terra col cielo ed è l'attuazione della carità universale. Alla Chiesa dobbiamo ricorrere come a Madre, a rifugio, a cattedra di verità, poiché come dice mirabilmente il grande Dottore, e come ha ricordato di recente il Santo Padre Paolo VI: «Deus in cathedra unitatis posuit doctrinam veritatis» (Ep. 105, 16).

 

Oh ci ottenga il gran Santo con la sua potente intercessione presso Dio di amare la Chiesa come egli l'amò; di servirla come egli la servì, con generosità e sacrificio, con dedizione assoluta; di aderire, com'egli aderì, con serena ed incrollabile fede, alla Cattedra dell'unità.

L'unità della Chiesa fu tanta parte delle ansie e delle fatiche apostoliche del Vescovo d'Ippona, fu, si può ben dire, la sua più grande passione da quando, per non contraddire alla volontà del Signore, accettò il sacerdozio e l'episcopato. Soleva dire: «non habent Dei caritatem qui Ecclesiae non diligunt unitatem» (De bapt. 3, 16, 21). E ancora: «tenete caritatem, amate caritatem, desiderate unitatem, ut perveniatis ad aeternitatem» (Serm. 167, 4).

Oggi che il desiderio dell'unità di tutti i cristiani nell'unica vera Chiesa di Cristo freme in tanti cuori e trova voce autorevole nel Concilio Vaticano II, il Vescovo di Ippona sia a noi tutti, particolarmente a voi, suoi figli spirituali, maestro e guida; maestro dell'amore per l'unità e guida nell'uso di quel metodo che solo può condurre alla meta, metodo che si fonda essenzialmente, come S. Agostino lo praticò e lo espresse, nell'unione intima tra carità e verità, verità immutabile e amore inesauribile: glorioso binomio che riassume l'anima e la storia della Chiesa, e esprime l'essenza stessa del messaggio evangelico e della vita di Cristo, il quale piano di grazia e di verità, visse operando la verità nella carità.

 

 

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Telegramma trasmesso dal Rev.mo P. Generale e dai PP. Capitolari, insieme ai vescovi di Pavia e Mantova, al Santo Padre durante la solenne celebrazione in onore di Sant’Agostino.

 

«Il Padre Generale ed i Provinciali dell'Ordine Agostiniano adunati intorno alla tomba del Santo Fondatore insieme ai Vescovi di Pavia e Mantova rinnovano loro propositi di devotissima e piena lealtà al Santo Padre Paolo VI invocando Benedizione per se e loro rispettive provincie. Cardinale Cicognani».

 

 

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Risposta del Cardinale Cicognani, a nome del Papa, al telegramma.

 

«Augusto Pontefice accolto devoto messaggio inviatogli da paternità Vostra Rev.ma et Provinciali Ordine circostanza visita tomba Santo Fondatore si compiace dei rinnovati generosi propositi che largamente benedice insieme a ciascuno di loro e rispettive province augurando maturino essi col divino aiuto auspice il glorioso celeste Patrono frutti sempre più ricchi confortevoli di santificazione et apostolato». Card. Cicognani.

 

 

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Telegramma del Card. Cicognani al Vescovo di Pavia dopo la solenne celebrazione in onore di Sant’Agostino.

 

Nel ricordo vivissimo celebrazioni Agostiniane desidero rinnovare Vostra Eccellenza grazie cordiale per espressioni nobili Sua ospitalità et bontà mentre invoco pienezza consolazioni et favori celesti ‑ Amleto Giovanni Card. Cicognani.

   

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