Rappresentante della tradizione teologica agostiniana

 

Da molti veniva vantato come lo specialista su Agostino, ma lui preferiva essere considerato come « un buon teologo agostiniano ». Riportiamo alcune sue frasi che dilucidano in pieno questa consapevolezza:

 

Chi scrive si è formato agli studi teologici negli anni 30, ha insegnato teologia negli anni 40 e 50 e la insegna ancora oggi negli anni 80. Si trova perciò nella sgradevole condizione di chi l’ha imparata e, sia pure in fretta, l’ha insegnata in un modo e deve insegnarla, oggi, in un altro. Ma forse più che sgradevole questa condizione è fortunata, perché offre l’opportunità di soppesare meglio i due modi e coglierne, più di quanto non possano fare altri, i pregi e gli svantaggi. Questi e quelli ci sono, e sono evidenti. Chi non li vedesse mostrerebbe di non avere o di aver perduto la stoffa del teologo. Noi ci proponiamo di enuclearli. Ci spinge a farlo l’atteggiamento dei discepoli di ieri e di oggi. I primi o hanno dimenticato affatto il loro antico professore perché convinti che quanto egli ha insegnato non serve più a nulla, o gli domandano col tono scherzoso dell’amicizia benevola e compiacente: « Ma tu, che ci hai insegnato? ». Gli altri, quelli di oggi, ci seguono, sì, con grande attenzione, ma qualche volta non sanno nascondere una certa, come dire?, diffidenza, che nasce - così ci pare - dal fatto che collocano il loro professore in una prospettiva, quella della conservazione, che non è la sua o, se è la sua, gli appartiene nella misura in cui appartiene alla teologia. Dico della teologia senza aggettivi e senza specificazioni, la quale non è né conservatrice né progressista. La teologia è essenzialmente la scienza della predicazione e della difesa della fede.

...Mi sembra d’essere restato l’unico rappresentante della tradizione teologica agostiniana e un veterano, anche se modesto, studioso della dottrina di sant’Agostino... convinto che quella tradizione e questa dottrina ha qualcosa di utile da dire nelle tante questioni teologiche oggi discusse... Quando si fa teologia, bisogna andare molto prudenti, non con i sogni della mente, neppure con le ragioni che ci sembrano luminose, ma bisogna cercare di capire la rivelazione e, quindi, studiare la Scrittura, studiare la Tradizione, studiare l’analogia della fede, cioè le diverse verità della fede per vedere quale possa essere la verità su quell’argomento che ci interessa... Tra la teologia e la pietà cristiana non c’è opposizione, ma c’è intima corrispondenza perché la teologia è destinata ad illuminare la nostra fede, a guidare, a nutrire e rendere operosa la nostra pietà. Io parlo dei Padri, in particolare di Sant’Agostino, in funzione della loro attualità - non voglio fare dell’archeologia teologica - e dei problemi che ci tormentano oggi e che dobbiamo affrontare anche noi con la stessa intrepida fede, con la stessa perseverante diligenza, con la stessa inesauribile generosità con cui li affrontarono loro nei primi secoli della Chiesa. Compito dei teologi è, mi pare, anche quello di spiegare il significato delle formule dommatiche per renderle credibili...

Oggi si parla molto di cristologia ma, purtroppo, qualche volta - non voglio essere pessimista nel dire spesso, dirò qualche volta - se ne parla in modo che non si dovrebbe, cioè in un modo nel quale è difficile riconoscere un teologo illuminato che nel fare teologia tiene sempre l’orecchio teso verso la tradizione della Chiesa e verso l’autorità dei Concili... Spesso nei teologi di oggi molte sono le parole e poche le idee e, tra queste poche, alcune anche storte.

A volte è la teologia che spiega le radici di una spiritualità e ne conferma il valore e ne assicura la fecondità, altre volte è la spiritualità che tira le conseguenze dalla teologia per assicurarsi una luminosa e valida consistenza. Le cose di spiritualità senza un solido fondamento teologico o perdono forza o vanno fuori strada. In ogni caso tra teologia e spiritualità c’è un’intima relazione: una grande scuola teologica è sorgente d’un grande spiritualità e una grande spiritualità è sorgente d’una grande scuola teologica, anche se, oggi, sembra essere, per alcuni aspetti, in declino. Io ne ho parlato spesso, ne ho scritto pure. Vorrei parlarne ancora. Ma a chi parlarne?

 

Riportiamo dal suo diario:

« Annoto qui la bozza della lettera scritta al Prefetto della Congregazione della Fede »:

 

14 Marzo 1973

 

Prima di ripartire per Milano, dove la settimana scorsa ho consegnato a Sua Eminenza il Card. Arcivescovo il promemoria richiestomi e dove continuerò finché sia necessario la modesta opera mia a favore dell’Ambrosiana, voglio metterla al corrente d’un’amara sorpresa che mi è toccata questa mattina.

Con lettera del primo marzo, ma consegnatami solo oggi, Sua Eminenza il Segretario di Stato mi comunica che il mio incarico di Consultore della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede è terminato e mi esprime i ringraziamenti del S. Padre per il lavoro del terminato quinquennio. Ai ringraziamenti si unisce con una lettera a parte il Prefetto della stessa Sacra Congregazione. Così inaspettatamente e inopinatamente.

Non posso pensare che la mancata conferma a quell’ufficio sia dovuta a ordinario avvicendamento dei Consultori, perché quest’avvicendamento, mi si dice, in realtà non c’è stato.

Debbo pensare a un giudizio negativo sulla qualità della mia prestazione. È possibilissimo. In tal caso non mi resta che riconoscere umilmente i mie limiti. Solo che, almeno guardando al passato, indizi di un tal giudizio non trovo. Infatti mi sono stati affidati incarichi gravi e impegnativi che solo grazie all’ultratrentennale insegnamento di dommatica e di patrologia ho potuto portare a termine con comune soddisfazione. Il S. Padre lo sa e me ne ha espresso il Suo augusto paterno compiacimento.

Mi nasce dunque il sospetto - e alcune precise riferenze lo confermano - che la decisione a mio riguardo sia dovuta al fatto che in questi ultimi mesi, occupato per l’Ambrosiana a Milano, non ho potuto portare il mio contributo alla sedute dei consultori, come avevo ricominciato a fare regolarmente dopo il termine del mio mandato di Superiore Generale dell’Ordine.

Ora è proprio questa causalità o, in ogni caso, questa coincidenza che diventa fonte di amarezza.

Ho accettato l’ingrato compito di Commissario dell’Ambrosiana solo per venire incontro a un vivo desiderio del S. Padre, desiderio espressomi ripetutamente da Vostra Eccellenza. Ho detto a Vostra Eccellenza a voce e per iscritto che uno degli impegni che mi legavano a Roma era l’ufficio di Consultore presso la sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, ufficio che facevo volentieri perché congeniale ai miei studi. Ho comunicato la mia nomina di Commissario dell’Ambrosiana a Sua Eccellenza il Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ne ha preso atto con la solita comprensione e gentilezza, pregandolo di volermi scusare se per qualche tempo non avrei potuto assistere alle sedute della Consulta.

Dopo tutto questo non mi aspettavo davvero la sorpresa di questa mattina.

Vorrei aggiungere che con la mia cessazione da quell’ufficio l’Ordine Agostiniano non ha più nessun rappresentante tra i Consultori della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Era questo, Eccellenza, che volevo dirLe prima di partire di nuovo per Milano. Voglia scusarmi e mi benedica...

 

« Altra lettera scritta al medesimo »:

 

10 Maggio1973

 

La ringrazio di avermi espresso nuovamente con molta bontà i ringraziamenti per l’umile servizio da me prestato presso codesta Sacra Congregazione.

La ringrazio parimenti delle spiegazioni che ha voluto darmi. Non ce ne era bisogno. Certo, che codesta Congregazione abbia creduto opportuno per applicare un criterio di avvicendamento lasciar fuori dai suoi Consultori, insieme ad alcuni altri, anche l’unico rappresentante della tradizione teologica agostiniana e un veterano, anche se modesto, studioso della dottrina di sant’Agostino, può destar meraviglia - e l’ha destata - in quanti ritengono che quella tradizione e questa dottrina ha qualcosa di utile da dire nelle tante questioni teologiche oggi discusse.

Debbo confessare che anch’io ero di questa opinione. Tant’è vero che, quando il Santo Padre m’inviò a Milano come Commissario dell’Ambrosiana, mi feci un dovere di avvertire l’eccellentissimo Segretario di codesta Congregazione, pregandolo di voler scusare la mia temporanea assenza e assicurandola che avrei ripreso volentieri, quanto prima, il mio posta alle sedute del Consulta, come appunto avevo fatto appena terminato il mio compito di Superiore Generale dell’Ordine. Ma tutto questo evidentemente non entra nel conto. Solo la Congregazione, e non altri, è giudice dei criteri con i quali sceglie o non sceglie i suoi collaboratori.

Ringrazio pertanto il Signore del servizio che ho potuto rendere alla Santa Sede presso codesta Congregazione sia nella fase preparatoria del Concilio come membro della Commissione teologica, sia poi come Perito e in fine come Consultore, in particolare di aver potuto dare un contributo non secondario, come redattore capo, alla preparazione di uno dei documenti pontifici più importanti di questi ultimi tempi. Ringrazio, dico, il Signore, e continuo il mio lavoro, che è sempre molto e, per le mie possibilità, veramente troppo.

Come frutto di una parte di questo lavoro ho il piacere di offrirle una copia dell’ultimo volume dell’Opera omnia di sant’Agostino: contiene il “De Trinitate” un argomento di cui codesta Congregazione si è dovuta occupare di recente.

Il ritardo nella pubblicazione di detto volume ha determinato il ritardo di questa mia lettera di ringraziamento, che non volevo inviare senza che fosse accompagnata dall’omaggio-ricordo del volume stesso.

Voglia benedire me, Eminenza, e tutti i collaboratori di quest’impresa, che il Santo Padre si compiaceva di definire “colossale”, la quale, se non è più all’inizio - sono usciti otto grossi volumi - è ben lungi dall’essere vicina al traguardo, che dovrebbe essere il 34° volume.

Gradisca i più devoti ossequi.

   

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