|  | La presenza agostiniana    San  Salvatore (località Cisterna)   In contrada Cisterna, già rinomata  corte farfense sita a nord-est di Montegiorgio,  la chiesa di San Salvatore sorgeva ab antiquo. Poiché  nel 1224, o forse negli anni 1230-1235, il cappellano don Baroncello,  su licenza del cardinale Pandolfo Savelli,  trasferì titolo e chiesa “de loco solitudinis in castrum MontisS. Mariae”,in località Cafagnano,  sul posto, rimasto abbandonato, si insediarono gli Eremiti di Sant’Agostino  della Congregazione dei Brettinesi. Nel 1265 il vescovo di Fermo Gerardo  concesse ai frati agostiniani il permesso di inurbarsi nel castello  presumibilmente presso la suddetta chiesa di San Salvatore di Cafagnano. Il possesso dell’omonima chiesina rurale risulta  comunque mantenuto almeno fino agli scorci del XVI secolo. Al presente il luogo  viene identificato in una casa colonica inglobante elementi antichi  preesistenti.     Sant’Agostino  (già San Salvatore)   Quando nel 1265 la chiesa passò agli  Agostiniani è possibile che la sua edificazione non fosse stata ancora  portata a compimento e che gli stessi padri la ultimassero aggiungendovi nel  1268 il titolo di Sant’Agostino. Stando ai documenti, l’edificio sarebbe stato  ubicato al livello dell’attuale piazza, nei pressi delle logge che in epoca  recente hanno sostituito l’antico scalato di accesso al piano soprastante; di  certo non esisteva ormai più sul finire del XVI secolo, quando il 18  ottobre 1584 fu proposto al padri di contribuire “al mattonar della piazza  grande [...] per averci noi la scala dove è stata la chiesa di S.  Salvatore e per averci le botteghe” (Pupi, 1680, ms., ff. 19-20).  Di fatto il 5 ottobre 1278 l’abate di Farfa Morico, data l’impossibilità  di ben governarla per la distanza, donò ai frati agostiniani ancora una  chiesa di San Salvatore con tutti gli annessi. II documento ha fatto pensare a  una duplice concessione, ma presumibilmente i complessi erano due con  ubicazioni distinte; il possesso farfense sorgeva su  un’area contigua e più elevata rispetto a quella già spettante a  don Baroncello e concessa all’Ordine nel 1265. Padre  Antonio Pupi (1680, ms.) ci ha tramandato una dettagliata descrizione dell’edificio  ecclesiastico oggetto della donazione farfense, sito  a capo delle scale che scendevano sulla piazza centrale. Di matrice romanica,  esibiva uno schema planimetrico a nave unica, con absidi quadrate, presbiterio  rialzato, copertura a volta reale, tetto a capanna, pareti interne fittamente  istoriate con affreschi ormai non più visibili nel Seicento, eccetto l’effigie  del Salvatore nella volta. Era lunga 85 piedi e larga 30 e  mezzo (ovvero m 36, 12 x 12,96); aveva quindici altari, descritti dall’autore  anche sulla scorta di un inventano del 1545. Sull’altare maggiore, in origine  affrescato, era stato successivamente collocato un polittico eseguito da  Giovanni da Bologna (fine secolo XIV) raffigurante la Madonna col Bambino tra i santi Agostino, Nicola da Tolentino, Lorenzo (a  sinistra), Giovanni Battista, Bartolomeo e Stefano (a destra); l’ancona  lignea, strutturata su due registri e definita inferiormente dalla predella,  viene all’epoca attestata in sacrestia dove era stata traslata negli anni 1613-1615,  ma di essa non si hanno altre notizie. Sul lato del Vangelo si affacciavano gli  altari di San Salvatore, Santa Caterina (coperto all’epoca della Relazione da quello di San Tommaso),  Santa Maria del Soccorso, San Paolo, Santa Maria, San Bartolomeo; sul lato  opposto, partendo dal fondo, gli altari di Santa Maria della Luna, Santa Lucia,  San Giovanni Battista,  Santa Maria della Culla, San Bordone e San Macario, Sant’Antonio, San Giusto,  San Nicola da Tolentino. L’accesso alla sacrestia era previsto attraverso una  porta laterale situata a fianco dell’altare di San Nicola, sulla destra del  presbiterio, sopraelevato rispetto al piano dell’aula.  È attestato, inoltre, che la chiesa  venne consacrata solo dopo il 1408 e che nel Cinquecento gli altari erano stati  ridotti a nove. Agli anni 1780-1782 va ricondotta una completa trasformazione  interna secondo i dettami neoclassici. Nel 1783, il convento, considerato per  molto tempo generalizio, fu completamente ristrutturato nelle forme che si  conservano in parte tutt’oggi; soppresso nel 1808, i beni furono incamerati nel  demanio napoleonico; venne riaperto nel 1882 nell’ex convento delle clarisse in  località Sant’Andrea. Lo stabile conventuale di Sant’Agostino, invece,  trasformato in carcere mandamentale, attualmente è adibito a edificio  scolastico e in parte a ufficio postale.  Nel  1812, crollato completamente il tetto con gran parte delle mura laterali, la  chiesa di Sant’Agostino venne definitivamente chiusa e il titolo parrocchiale  trasferito nella chiesa di Sant’Andrea già di pertinenza del soppresso  ordine delle monache Clarisse.  Essendo venuto fortuitamente alla luce, il 14 aprile  1825, da un brandello di muro perimetrale l’affresco quattrocentesco con l’immagine  della Madonna degli Angeli che ornava il sesto altare, si incaricò l’architetto  Carlo Maggi, residente allora a Montedinove, di  predisporre un progetto di ricostruzione parziale della chiesa sulle mura 
  ancora esistenti, ma non venne realizzato per carenza  di fondi. Lungo l’asse della diruta chiesa venne  aperto un tratto di strada, mentre sui resti, inglobando la rinvenuta cappellina e il trecentesco portale “dello scalato” venne edificata  la chiesina di Santa Maria degli Angeli con adiacente sacrestia, per molti anni  officiata dal curato del Santissimo Salvatore in Sant’Andrea, poi assegnata  alla confraternita del Santissimo Sacramento.  Ad attestare l’atavico splendore della chiesa di Sant’Agostino  rimangono lo splendido portale archiacuto, frammenti di affreschi  quattrocenteschi dietro ai quali affiorano lacerti di figurazioni più  antiche, nonché, incorporata nel perimetro dell’ex convento, la sacrestia con  volta a crociera costolonata sulla quale campeggiano  brani di affreschi risalenti alla fine del Trecento.     San  Salvatore in Sant'Andrea   Ricordata in alcuni lasciti testamentari del XV  secolo, anticamente era chiesa curata di poche anime sotto il titolo di Santa  Croce e Sant’Andrea unita all’abbazia di Fonte Avellana. Nel 1637, sotto papa  Urbano VIII, Antonio Passari vi eresse il secondo  monastero in Montegiorgio per suore Francescane  osservanti il Terz’ordine Regolare, le quali vi presero dimora nel 1643.Nel corso del Settecento l’intero complesso fu  ricostruito dall’architetto Pietro Maggi († 1769); di quel progetto è  ancora ammirabile la sobria facciata e il caratteristico campanile impostato su  base triangolare. Soppresso il monastero femminile sotto il Regno Italico, nel  1812 dalla chiesa di Sant’Agostino, che era crollata, vi fu trasferito il  titolo di San Salvatore. Nel 1882 vi fu riaperto il convento dei frati  agostiniani con l’istituzione del noviziato e in seguito del collegio degli  educandi, attivo fino al 1961. È tuttora aperto.
  Diversi e graduali interventi hanno concorso a  determinare la configurazione attuale. La chiesa, che si presenta scandita in  tre navate, senza transetto e con soffitto a volta, nel 1905 fu arricchita da  una decorazione in stucchi e dorature nello stile allora imperante. Lungo la  navata di destra si apriva la cappella neogotica di San Nicola da Tolentino che  è stata abolita nel corso degli anni settanta, durante un intervento di  rimodernamento e ampliamento su progetto del padre Stefano da Castelfidardo, religioso agostiniano. I lavori sono stati  diretti da padre Vincenzo Rossi. Sull’abside spicca la tavola della Madonna dell’umiltà,nota anche come Madonna della luna,opera  che Francescuccio Ghissi  aveva dipinto nel 1374 per l’ottavo altare della chiesa di Sant’Agostino. In  fondo alla navata sinistra sta la cappella dedicata a santa Rita. Al centro  della prima campata dentro nicchie sono collocate la statua della Madonna della  Consolazione e quella di san Nicola risalenti alla fine dell’Ottocento. Al  XVIII secolo vanno riferiti i confessionali in noce.  Ai primi del Settecento risale un altro complesso  conventuale esistente a Montegiorgio in contrada San  Nicolò, eretto nel 1726,   a spese di suor Maria Girolama  Paciangoli e di sua nipote suor Maria Lattanza per le suore Terziarie di Sant’Agostino senza  clausura, su progetto dell’architetto Pietro Maggi. Attualmente vi sono  ospitate le scuole elementari. Maria  Di Chiara   |  |